E’ responsabile di circa 3.300 decessi ogni anno solo in Italia e per l’Organizzazione mondiale della Sanità è la seconda causa di morte per tumore al polmone dopo il fumo di sigaretta.

Non è lo smog ma il radon, gas radioattivo che si sprigiona naturalmente dal sottosuolo e al quale l’Istituto Superiore di Sanità, nell’ambito della campagna di informazione prevista dal Piano Nazionale in materia, dedica un sito internet, online da oggi. Lo scopo è quello di far conoscere alla popolazione sia il pericolo, che le attività svolte per la riduzione del rischio. Il radon si trova un po’ ovunque, con concentrazioni anche molto diverse nell’ambito della stessa zona. Non c’è modo di rilevarne la presenza se non con un misuratore perché è incolore e inodore, ma agisce producendo particelle ionizzanti, che si depositano nei bronchi danneggiando il dna delle cellule, fino a provocare tumore. Alcuni paesi sono più esposti di altri, ad esempio l’Italia ha una concentrazione media di 70 Becquerel per metro cubo (Bq/m3) a fronte di una media mondiale del 30. Così come lo sono alcune regioni, ad esempio il Lazio, che in media presenta una valore 4 volte maggiore a quello di Marche, Calabria o Basilicata. O, infine, alcuni tipi di abitazioni possono esser più esposti, come quelle a contatto col suolo. Non esiste però una regola fissa e il valore di concentrazione di radon misurato nelle singole case varia moltissimo. L’unico modo per conoscerla resta quello di eseguire una misura mediante l’uso di piccoli dispositivi (rivelatori). Le ARPA di alcune Regioni, oltre che il Servizio Radon dell’Istituto di Radioprotezione dell’ENEA, forniscono su richiesta il servizio. Come si apprende dal sito web dell’Iss, sin dagli anni Ottanta sono state effettuate numerose campagne per verificare l’esposizione della popolazione: 38.000 le misurazioni effettuate in abitazioni, 8.500 nelle scuole e 12.000 in luoghi di lavoro, mentre 300 gli edifici risanati, di cui circa 160 scuole, circa 80 abitazioni e circa 60 luoghi di lavoro.

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