Piu’ che all’amatissimo Fernando Pessoa, il poeta portoghese che aveva mille pseudonimi e al quale ognuno dava un volto, uno stile diverso, Antonio Tabucchi, scomparso oggi a Lisbona, assomigliava al suo personaggio piu’ amato dal pubblico, il giornalista Pereira, proprio forse perche’ aveva al fondo piu’ verita’ personale.

Uomo schivo, legato ai suoi studi lusitani (e’ stato docente di lingua e letteratura portoghese all’Universita’ di Bologna, di Genova e poi di Siena) e al suo amore per la scrittura, viene portato sotto i riflettori dal successo internazionale del romanzo ‘Sostiene Pereira’ del 1994, vincitore del premio Campiello, Scanno e del Jean Monnet per la Letteratura Europea in Francia, oggi tradotto in circa 40 lingue. E allora non si tira indietro e comincia denunciare e attaccare il degrado morale e politico del berlusconismo e l”’emergenza democratica” che andava creando, sia quando viene in Italia, sia dall’amata Parigi, come dalla sua residenza a Lisbona, dove vive da quando a fine anni ’80 diventa direttore dell’istituto italiano di cultura e si stabilisce quando va in pensione. Pereira e’ un giornalista di cronaca nera, vedovo dell’amatissima moglie, che, a Lisbona, alla fine degli anni Trenta, sotto la dura dittatura di Salazar e mentre in Spagna infuria la guerra civile, vede affidarsi la pagina della cultura di un piccolo quotidiano della sera, su cui riesce a non disturbare il potere parando solo di morti e di passato, finche’ diventano suoi collaboratori Monteiro Rossi e la sua fidanzata Marta, due giovani che riusciranno a sconvolgergli la vita, costringendolo a porsi delle domande, a aprire dolorosamente gli occhi e, alla fine, anche a uscire allo scoperto, a beffare il regime, denunciando sul giornale l’assassinio politico di Monteiro, prima di fuggire all’estero. La forza di Pereira e’ proprio in questa sua sofferta presa di coscienza che, da una parte, introduce i temi civili e vibranti della liberta’ e della dignita’ dell’uomo e, dall’altra, lo mostra nella sua dolente, sentimentale e umanissima persona, con i suoi dubbi, le cose che non sa spiegare e non capisce e che confida alla foto della moglie. Il tutto ambientato nel passato, eppure capacissimo di parlarci anche del nostro presente, attraverso un romanzo costruito come un verbale di una confessione, di continuo intercalata dall’inciso ‘sostiene Pereira’. E Tabucchi, come l’uomo di uno dei racconti di ”Il tempo invecchia in fretta”, che inganna la propria solitudine raccontando storie a se stesso e diventa protagonista di una vicenda che si era inventato in una notte d’insonnia, finisce per… diventare Pereira. Lo scrittore nasce a Pisa nel 1943 e ventenne, negli anni Sessanta, durante un viaggio a Parigi, trova su una bancarella un volume firmato Alvaro de Campos, uno degli eteronimi di Pessoa, in traduzione francese e rimane affascinato dal testo e dalla figura dell’autore, tanto che comincera’ a studiarlo e a imparare il portoghese, facendone pian piano l’interesse centrale di tutta una vita di studioso. Con Maria Jose’ de Lancastre, divenuta sua moglie, ha tradotto in italiano molte delle opere di Pessoa, ha scritto piu’ di un libro di saggi e persino una commedia su questo personaggio, autore del bellissimo ‘Libro dell’inquietudine’ e capace di moltiplicarsi in tanti se stesso diversi, tanto che i due i due volumi che raccolgono un’antologia di sue traduzioni dei versi dei vari eteronimi Tabucchi li ha intitolati ‘Una sola moltitudine’. Contemporaneamente alle prime traduzioni e saggi, pubblica a meta’ anni Settanta anche le prime sue opere letterarie, ‘Piazza d’Italia’ e ‘Il piccolo naviglio’, ristampate solo di recente, che hanno una scrittura di rustica efficacia e, nel raccontare la Toscana popolare e attraversata nel tempo da idee e genti, una visione quasi fiabesca che sembra risentire dell’influenza della narrativa sudamericana. Vengono poi negli anni Ottanta alcune raccolte di raffinati racconti, alcuni anche lunghi, da ‘Il gioco del rovescio’, ‘Donna di Porto Pim e altre storie’, ‘Notturno indiano’ e ‘Piccoli equivoci senza importanza’ che cominciano a procurargli affezionati lettori. Da citare ancora, tra gli altri titoli, ‘Requiem’ scritto prima in portoghese, e ‘Gli ultimi tre giorni di Fernando Pessoa’ uscito nello steso anno di Pereira. Dopo il successo internazionale, i suoi libri sono dei bestseller e vengono tradotti in varie lingue, da ‘La testa perduta di Damasceno Monteiro’ del 1997, secondo dei due soli veri romanzi, che ci porta, con una storia gialla in bilico tra lucidita’ della ragione e sentimento del rovescio, in Portogallo, ma quello del dopo-Salazar, in cui imperano ancora ingiustizia, violenza e corruzione e sembra tanto assomigliare all’Italia che Tabucchi attacca e descrive nelle sue collaborazioni con l’Unita’, Repubblica, Il Fatto quotidiano. Da allora vari altri libri di racconti, di viaggio, di rivisitazioni narrative dell’arte, sempre occasioni anche per riflessioni intellettuali sulla societa’, la vita, il ruolo dell’artista e soprattutto sul tempo, uno dei suoi temi centrali, quello personale, interiore che si lega al problema della memoria, in un’epoca in cui o ci si sente eterni come i politici, diceva, o si vive solo il presente contingente, senza senso del futuro. E ora che la sua denuncia l’ha fatta, ricambiato con biechi attacchi, nel momento piu’ duro della crisi, lui, come Pereira, si e’ messo in salvo altrove.

 

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