E’ stata ribattezzata la ‘super amniocentesi’, perchè è in grado di diagnosticare dal 60% all’80% delle patologie da cui il feto potrebbe essere affetto, contro il 7% di malattie finora diagnosticabili. Si tratta di un’amniocentesi o villocentesi genomica di ultima generazione – definita Next generation prenatal diagnosis (Ngpd) – che si basa sull’analisi del Dna fetale. A mettere a punto la nuova tecnica, un gruppo di ricercatori della società scientifica Italian college of fetal maternal medicine (Sidip) e lo studio è pubblicato sulla rivista Journal of prenatal medicine. A illustrare i vantaggi della ‘super amniocentesi’ è il segretario generale Sidp, Claudio Giorlandino: ”La novità – spiega – deriva dall’applicazione della recente tecnica del sequenziamento rapido del dna, finora utilizzata negli adulti, alla diagnosi prenatale. Così, mentre un tempo la normale amniocentesi era in grado di analizzare solo il numero dei cromosomi, oggi con la nuova tecnica è possibile studiarne l’intima struttura”. Per usare una metafora, è come se le indagini tradizionali contassero il numero dei grattacieli in una città, mentre la nuova non solo può vederne i piani, ma addirittura esaminarne i mattoni che li costituiscono. Si possono così ”escludere – afferma Giorlandino – oltre alle anomalie cromosomiche più comuni, anche le più gravi e rare patologie genetiche, dalle cardiopatie congenite alle malattie cerebrali, ai nanismi, alle forme di autismo conosciute, ai ritardi mentali”. Un passo avanti notevole, se si pensa, sottolinea, che oggi ”il 20% dei bambini ricoverati in ospedale entro il primo anno di vita rivelano come causa una malattia genetica”. Oggi cioè, ”per la prima volta – commenta il presidente della Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo), Paolo Scollo – si ha la possibilità di trasferire la lettura del genoma dall’adulto al feto, e questo determinerà una svolta epocale”. Ma come funziona la Ngpd? L’analisi è mirata allo studio di circa 300 geni che possono dare luogo a 12mila mutazioni e che sono alla base della maggior parte delle malattie genetiche rilevabili in utero (cardiovascolari, scheletriche, malformative, neurologiche). L’obiettivo, spiega il genetista Alvaro Mesoraca, ”è quello di diagnosticare dal Dna fetale malattie certe che abbiano un’incidenza fino a un caso su 30mila nati, grazie ad un software che le identifica”. L’analisi è effettuata dall’11/ma alla 16/ma settimana di gestazione. Il rischio di abortività connesso, precisano i ricercatori, è da 0,1% a 0,2%. Attualmente, la super amniocentesi è già effettuata in alcuni centri privati italiani, un migliaio gli esami già praticati, mentre il costo è di circa 1.500 euro, il doppio rispetto ad un’amniocentesi tradizionale. C’è però un’obiezione: la nuova tecnica presenta un rischio di eugenetica? La risposta degli esperti è ‘no’: ”Non si punta al ‘bambino perfetto’ – afferma Scollo – bensì ad una diagnosi più ampia di patologie che magari, in futuro, potranno avvalersi di cure intrauterine”. Inoltre, chiarisce Giorlandino, ”si mira alla diagnosi delle sole malattie note e non si analizzano i geni legati a malattie ad insorgenza tardiva o che danno solo probabilità di avere una patologia”. Altro dato importante: ”Il file con tutte le informazioni genetiche, una volta utilizzato, viene distrutto. Questo – conclude Giorlandino – proprio per evitare un utilizzo non etico di questi dati sensibili e ‘pericolosi”’.

 

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