Da una piccola palla di neve puo’ partire una valanga che travolge tutto e tutti, cosi’ come da un fatto di cronaca puo’ partire una metaforica valanga in grado di travolgere un sistema politico che ha retto per quasi cinquant’anni. L’arresto di Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio di Milano,
sorpreso dai carabinieri il 17 febbraio del 1992 alle 17.30 nel suo ufficio subito dopo aver intascato una mazzetta di sette milioni di lire (era la prima tranche dei 14 milioni pattuiti) da Luca Magni, proprietario di una piccola azienda di pulizie, e’ stato come una palla di neve che provoca la valanga. Alle 22,16 di quel giorno l’ANSA diede la notizia: ”L’ingegner Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio di Milano, una casa di riposo per anziani, e’ stato arrestato questa sera dai carabinieri con l’accusa di concussione. Lo hanno reso noto gli investigatori con un comunicato diramato in serata”. Il giorno seguente, la notizia fini’ nelle pagine di cronaca locale, eppure proprio da quell’arresto e’ partita l’inchiesta Mani Pulite che ha decretato la fine della cosiddetta Prima Repubblica. Luca Magni, titolare della Ilpi di Monza, il 17 febbraio del 1992, verso le 17:30, si presento’ nell’ufficio di Mario Chiesa con una valigetta con dentro una busta con 7 milioni di lire in banconote di vario taglio e nel taschino della giacca una penna che, in ralta’, era una microspia. Consegnata la tangente, l’imprenditore non fece neppure in tempo ad uscire che nell’ufficio di Chiesa fecero irruzione i carabinieri. Chiesa azzardo’: ”Questi soldi sono miei”. ”No, ingegnere, questi soldi sono nostri” replicarono i carabinieri. Allora il presidente della Baggina chiese di andare in bagno per cercare di liberarsi, gettandola nella tazza del gabinetto, di un’altra mazzetta di 37 milioni di lire. L’intervento era stato preparato in ogni dettaglio: una ogni dieci banconote era stata firmata da un lato dal capitano dei carabinieri Roberto Zuliani e dall’altro dal sostituto procuratore Antonio Di Pietro che commento’: ”Abbiamo preso l’ingegner Chiesa con le mani nella marmellata”. Luca Magni, infatti, giorni prima, stanco di pagare tangenti pari al 10% del valore degli appalti, si era rivolto ai carabinieri e Di Pietro aveva organizzato l’operazione nel giorno in cui era di turno per essere sicuro di avere assegnata l’inchiesta. Di Pietro, che con il collega Piercamillo Davigo, aveva seguito altre inchieste sulle tangenti, come quella delle ‘Carceri d’oro’, in realta’ sapeva gia’ molte cose sul conto di Mario Chiesa in quanto si stava occupando di una inchiesta per diffamazione per il ‘racket del caro estinto’ proprio al Pio Albergo Trivulzio. Nei giorni seguenti all’arresto, Bettino Craxi defini’ Mario Chiesa ”un mariuolo che getta un’ombra su tutta l’immagine di un partito”, Carlo Tognoli, ex sindaco di Milano, affermo’: ”Appare strano che le pecore nere vengano individuate solo nel Psi” e Bobo Craxi ancora piu’ duro dichiaro’: ”Mario Chiesa e’ un mascalzone. Idiota, poi, a farsi prendere con le mani nel sacco”. Di Pietro fece arrivare in tempo reale queste dichiarazioni a Chiesa rinchiuso San Vittore, lo informo’ di avere sentito la moglie con la quale era in atto una difficile causa di divorzio e attraverso il suo legale fece recapitare un criptico messaggio: ”L’acqua minerale e’ finita”. Il presidente della Baggina capi’ subito che la Procura aveva scoperto i suoi conti in Svizzera denominati ‘Fiuggi’, ‘Levissima’ e ‘Ferrarelle’ . Chiesa, che a Milano aveva contribuito economicamente e con i voti a far eleggere Bobo Craxi in consiglio comunale, vistosi perduto anche dal punto di vista dell’appoggio politico, decise cosi’ di vuotare il sacco per non essere il capro espiatorio di un sistema. A di Pietro racconto’ che negli ultimi anni aveva ricevuto denaro e che grazie all’autonomia acquisita nel partito rispondeva ”politicamente direttamente solo al segretario del partito, Bettino Craxi”. La confessione duro’ molti giorni: Chiesa descrisse il sistema Milano facendo i nomi dei massimi dirigenti del Psi e della Dc milanese e lombarda, coinvolgendo pero’, in relazione ad alcuni appalti, anche politici dell’ex Pci. Lunedi’ 6 aprile, dopo le elezioni che decretarono la sconfitta del Caf (l’alleanza Craxi-Andreotti-Forlani) e l’affermazione, al nord della Lega, partirono le prime informazioni di garanzia e il 22 aprile i primi arresti degli imprenditori. La valanga Mani Pulite era partita. Mario Chiesa rimedio’ attraverso i riti alternativi – mai fu giudicato pubblicamente – condanne per 5 anni e 4 mesi, restitui’ sei miliardi e, otto anni e mezzo dopo quel febbraio ’92, nell’agosto 2000 usci’ definitivamente dalla scena di Tangentopoli, dopo aver passato un periodo in prova ai servizi sociali, occupandosi di assistenza ai disabili. Il 31 marzo 2009, pero’, un altro arresto e sempre per tangenti per un traffico di rifiuti. Per questa inchiesta ha patteggiato tre anni di reclusione.