Qualcuno, nel ristorante nel quartiere turistico di Plaka, ironizza con il cameriere: “Prenditi questa mancia, è l’ultima in Euro, la prossima te la dò in dracme”. Molti altri parlano con passione di calcio, poco prima della partita decisiva della Grecia contro la Russia agli Europei.

Atene, alla vigilia di un voto decisivo per le sorti del Paese e forse dell’intera Eurozona, vive un “normale” sabato estivo con caldo, turisti, bar pieni. La crisi, la disoccupazione, l’euro e il suo futuro, persino le decine di negozi chiusi che si incontrano passeggiando sembrano cose astratte, lontane. Quello del 6 maggio era il voto della rabbia, questo è il voto dell’incertezza, della paura del futuro. E quindi si ricorre al fatalismo, in questo sabato di riflessione e silenzio pre-elettorale: “E che possiamo fare, sarà quel che sarà…”, dice il negoziante Petros, “speriamo almeno di battere i russi!”. Domani sera alle 18 ora italiana, alla chiusura dei seggi, il mondo riceverà dai primi exit poll un’indicazione sulla scelta dei circa 9,8 milioni di greci chiamati alle urne. La battaglia – dagli esiti assai incerti, si parla di circa 700.000 elettori che non sanno cosa scegliere – si è ristretta tra Nea Dimokratia, la formazione di centrodestra guidata da Antonis Samaras, e Syriza, la formazione di sinistra portata alla ribalta dalla nuova stella della politica greca, il 37enne Alexis Tsipras. I primi vogliono tenere in vita il Memorandum – l’intesa con la comunità internazionale che garantisce vitali prestiti ad Atene in cambio di durissime misure di austerità – pur ammorbidendolo. I secondi, pur dichiarando di voler tenere il paese nell’Eurozona, vogliono cestinare il ‘Mnimonio’ (il memorandum in greco), sostituendolo con un Piano nazionale per la crescita e lo sviluppo che cancelli gran parte dei tagli invisi alla popolazione. Chiunque vinca – gli ultimi sondaggi danno queste due formazioni testa a testa attorno al 25-30% – sembra inevitabile che il voto produca un governo di coalizione più o meno allargata. Un governo che dovrà come prima cosa decidere cosa fare del Memorandum: secondo le condizioni dell’intesa con Ue, Bce e Fmi, entro il 30 giugno il Parlamento ellenico dovrà varare tagli per ulteriori 11 miliardi alla spesa pubblica. Se questa condizione non sarà rispettata, l’Europa potrebbe bloccare la prossima tranche di aiuti: un colpo micidiale per le casse semivuote dello Stato greco, che rischia di non avere liquidità sufficiente già nel mese di luglio. Sullo sfondo, in questa giornata, i preparativi ‘al peggio’ delle banche centrali di mezzo mondo e le prese di posizione internazionali, prima di tutti quella della cancelliera tedesca Angela Merkel: “E’ molto importante che nelle elezioni di domani il risultato sia la formazione di un governo che dica ‘Ok, terremo fede agli accordi’”. Un appoggio non troppo velato al centrodestra di Samaras? Arrivato dalla personalità mondiale più detestata dai greci, rischia di essere controproducente. Il presidente dell’Eurogruppo Jean Claude Juncker si è invece limitato ad auspicare fortemente che la Grecia resti nell’euro: una sua uscita, avverte, “sarebbe devastante” per l’intera Europa. E del voto in Grecia ha parlato anche il premier Mario Monti: “Mi aspetto, e ho l’impressione che anche molti altri governi se lo aspettino, un voto favorevole alla permanenza della Grecia nell’Eurozona. Spero e credo che prevalga una soluzione di reiterata volontà dei greci di stare in Europa e nella moneta unica, dichiarando nella media ponderata dei consensi di voler rispettare gli impegni presi”, ha affermato Monti, immaginando anche che l’Ue possa considerare “qualche dilazione” degli impegni presi della Grecia. I seggi si apriranno alle 7 (le 6 in Italia). Poi ancora dodici ore di suspense, per la Grecia, per l’Europa e per il mondo.

 

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui