Siamo agli ultimi giorni di un’estate in cui noi 471 navigator campani, assieme alle nostre famiglie, siamo stati costretti in un limbo da un teatrino politico, mentre nelle altre 18 regioni i vincitori della selezione venivano contrattualizzati. Un’estate calda lunga e afosa, dove le nostre speranze ed i nostri sogni sono stati ben presto surclassati da pensieri inquieti. Per quel che mi riguarda, quest’assurda estate terminerà il 19 di questo mese. Salirò su di un aereo e bye bye Italia: in meno di tre ore sarò in Irlanda, dove, oltre a liberarmi dell’afa troverò ad attendermi un lavoro economicamente gratificante. Potrei dunque definirmi “a lucky guy”, un ragazzo fortunato, se non fosse che dovrò lasciare in Italia mia moglie e i miei due bimbi speciali di 7 e 3 anni. Sì, li definisco “speciali”, come potrei definire “fortunata” una sposa che si prende un acquazzone proprio mentre entra in chiesa. Paragonabile è solo il linguaggio consolatorio ma assolutamente non il dramma. Negli ultimi sei mesi, nel poco tempo e con le poche energie che ti lascia il prenderti cura di bambini bisognosi di attenzioni speciali ho provato a trovare un lavoro per restare accanto alla mia famiglia e ho lottato per ottenere dalla Asl le terapie congrue per i miei bimbi, quelle previste dalle linee guide dell’Istituto Superiore di Sanità. Terapie al momento completamente a mio carico nonostante la legge 134/2015. Per quanto riguarda il lavoro, l’unica occasione congrua con la mia situazione è stata quella da Navigator. Ho passato notti insonni per prepararmi, perché – mi creda – nella mia situazione familiare, trovare tempo per studiare durante il giorno è una chimera, e non è detto che ci si riesca di notte, dal momento che non sono rare quelle insonni. Credo che a superare la selezione mi abbia aiutato soprattutto la determinazione e la disperazione di chi sa che un’occasione simile non gli si ripresenterà a breve. Quando ho inoltrato domanda di partecipazione alla selezione, mi sentivo garantito dal fatto che fosse una selezione pubblica, gli attori in campo erano le Istituzioni ed io sono stato educato a credere in queste come garanti della salvaguardia dei miei diritti. E invece, io e altri 470 compagni di sventura, ci ritroviamo vittime di questo pasticciaccio brutto. Lei sostiene che non è sua la responsabilità di quanto accaduto, che non c’entra nulla, che i miei colleghi arrivati a forme estreme di protesta sotto i suoi uffici, hanno sbagliato sede e recapito (evidentemente non li assumeranno mai come postini!) e che la responsabilità è di Anpal. Non le crede Italia, che con fare perentorio e schietto (direi “pertiniano”) ha esclamato: “se gli altri 18 hanno firmato, il problema è lui!”. Italia è la nonna di mia moglie ma credo che anche l’Italia tutta fatichi a comprendere come sia possibile negare questa opportunità lavorativa a 471 laureati in una regione tra le 5 regioni europee a più alto tasso di disoccupazione. Di tutti i miei amici, ingegneri, farmacisti, informatici, laureati in lingue ecc., sono rimasti qui solo quelli che avevano attività già avviate, o chi è di famiglia benestante o è legato ai cosiddetti “notabili”. La gran parte si è trasferita a Milano o all’estero, in nazioni ricche come Francia, Olanda, Svizzera, Germania, ma anche in paesi meno sviluppati come Portogallo, Albania e Grecia. Questa che io potrei definire una diaspora è il segno di una società bloccata, che non ti concede alcuna possibilità di ascesa basata sull’impegno profuso e sul talento. Dove il Male è il precariato, ma quello vero, fatto di stipendi da fame, contratti rinnovati settimanalmente, e diritti negati, non certo quello che Lei attribuisce al rapporto di collaborazione oggetto della selezione a cui abbiamo preso parte. Come può essere credibile quando afferma che non firmerà la Convenzione con Anpal in nome della lotta al precariato? Il vero Precariato si combatte anche moltiplicando le possibilità di lavoro e non riducendole, rendendo il mercato del lavoro più florido di opportunità, non più arido. Nell’azienda per cui lavoro in Irlanda si sono succedute negli anni le visite dei rappresentanti del Governo, quale riconoscimento della creazione di nuovi posti di lavoro. In una di queste occasioni l’allora Premier, Enda Kenny, mi chiese come mai così tanti italiani lasciavano una terra così bella. Lo sgomento mi impedì di rispondere perché avrei voluto spiegargli che quell’esodo di talenti era attribuibile anche a decenni di politiche attive del lavoro gestite in modo fallimentare. Un esempio: quest’anno sono tornato dopo più di un decennio sia agli Scavi di Pompei che in un Centro per l’Impiego vicino casa. La gestione degli Scavi l’ho trovata molto migliorata rispetto a dieci anni fa. Il CPI era invece identico come l’avevo lasciato, con la stessa gentilissima impiegata là dagli anni Novanta, i faldoni impolverati (grande opera di digitalizzazione, eh?) e mobilio decrepito. Un solo pc. Durante il viaggio “della speranza” in bus verso Roma e nella mezza giornata trascorsa tra i padiglioni della Fiera mi sono reso conto che l’assenza di vere politiche attive del lavoro negli ultimi decenni ha creato una generazione amplissima che va dagli under 30 agli ultracinquantenni, talvolta plurilaureata o con dottorati di ricerca, master, tanto formata quanto ampiamente sottopagata rispetto alle competenze. Caro Presidente, ecco perché questo incarico di collaborazione, che ci siamo guadagnati superando una selezione pubblica, rappresenta una possibilità di riscatto e affermazione nella nostra terra. Non ci neghi questa opportunità e consenta a 471 risorse altamente qualificate di mettere finalmente le loro competenze al servizio della propria terra e della propria gente. Con l’auspicio che questa mia lunga lettera non Le abbia portato via troppo tempo e che La spinga verso una decisione dettata dal buonsenso, Le porgo i miei cordiali saluti.
Raffaele, l’aspirante navigator numero 471