Fu un guasto meccanico a determinare la compromissione dell’impianto frenante del bus che il 28 luglio del 2013 precipitò nel vuoto dal viadotto “Acqualonga” dell’A16 Napoli-Canosa provocando la morte di 40 persone. Lo ha confermato – nell’udienza del processo in corso davanti ai giudici del Tribunale di Avellino – Alessandro Lima, l’ingegnere incaricato, sin dalla fase delle indagini, dalla Procura di redigere una perizia meccanica in ordine alle cause che determinarono il drammatico incidente. Nella sua deposizione, il perito ha ribadito che “il bus, qualche chilometro prima del viadotto, subì la rottura del giunto cardanico e la conseguente perdita dell’albero di trasmissione, che a sua volta determinò il blocco dell’impianto frenante”. Un guasto, è stato anche sottolineato, non direttamente collegabile alle condizioni generali di manutenzione dell’automezzo (“non al meglio”, ha sottolineato Lima) che aveva già percorso oltre 800 mila chilometri. La prossima udienza, davanti al collegio presieduto da Luigi Buono, è fissata per il prossimo 17 febbraio.