I Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Salerno, agli ordini del Maggiore Giuseppe Ambrosone, ad Avellino, unitamente a quelli della locale Stazione, nonché alle Stazioni CC di Atripalda e Montefredane, hanno apposto i sigilli di sequestro ad una nota industria di conserve alimentari in scatola, quale pasta e legumi. L’attività di polizia giudiziaria eseguita dai Carabinieri dello speciale Reparto a Tutela dell’Ambiente e che ha portato al sequestro preventivo odierno in esecuzione del decreto del GIP del Tribunale di Avellino, dott. Giovan Francesco Fiore, è stata direttamente coordinata dal Procuratore Capo Rosario Cantelmo, collaborato dai sostituti Procuratore dott.ssa Cecilia De Angelis e Roberto Patscot, della sezione reati ambientali della Procura di Avellino. La Procura della Repubblica del capoluogo procede a carico del legale rappresentante della società di gestione dell’industria alimentare per le diverse violazioni emerse in ordine ai reati previsti dal D.L.vo n.152/2006 (Codice dell’Ambiente) e dal Codice Penale; difatti il legale rappresentante dell’industria di conserve alimentari deve rispondere per le violazioni in ordine ai reati previsti dagli articoli 137, 256 e 279 del D.L.vo n.152/2006 (codice dell’Ambiente) per avere, in particolare, nell’esercizio dell’attività aziendale, violato le prescrizioni autorizzative del Decreto della Regione Campania circa l’annotazione a registro dei controlli periodici annuali sulle emissioni in atmosfera per gli anni 2013-2014 e 2016, inoltre smaltendo illecitamente sul suolo rifiuti speciali allo stato liquido di cui al CER 020305 “fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti” nonché per aver scaricato nella rete fognaria gestita dal consorzio ASI, e con recapito finale nel corpo idrico superficiale Torrente Cardogneto, acque reflue industriali provenienti dal ciclo di lavorazione, in assenza della prescritta autorizzazione; inoltre, il legale rappresentante dell’industria dovrà rispondere anche per la violazione dell’art.674 del codice penale per avere, nell’esercizio dell’attività aziendale, provocato illegalmente, e comunque oltre i limiti di tollerabilità, diffuse emissioni odorigene maleodoranti e nauseabonde, atte a molestare gli abitanti delle zone limitrofe. Difatti, nel corso dei sopralluoghi all’attività industriale da parte dei Carabinieri e dei tecnici Arpac, venivano accertate diverse anomalie tra le quali: nei pressi dell’impianto si avvertivano esalazioni maleodoranti caratteristiche tipiche del processo della lavorazione dei legumi, presso il depuratore aziendale era in atto il trascinamento dei fanghi del sedimentatore nel pozzetto fiscale dello scarico, ed inoltre le vasche dell’impianto raggiungevano il limite della capienza, in particolare le acque reflue dalla vasca di ossidazione tracimavano direttamente sul terreno circostante. Infine, pur in assenza di precipitazioni meteoriche, all’interno di due pozzetti delle acque bianche di dilavamento dei piazzali erano presenti flussi di acque avente una colorazione brunastra tipica delle acque di lavorazione che, mediante l’utilizzo di sostanza tracciante rilasciata all’interno del pozzetto in questione, si accertava poi che tali reflui confluivano, mediante una tubazione interrata attraverso la rete fognaria ASI delle acque bianche, direttamente in corpo idrico superficiale quale il torrente Cardogneto, senza subire alcun trattamento depurativo. Durante la fase ispettiva veniva inoltre riscontrato che all’attivazione di scarichi anomali di acque reflue di processo nelle rete delle acque meteoriche, si abbassava il livello dei reflui all’interno della vasca di ossidazione del depuratore e si interrompeva, di conseguenza, la tracimazione dei reflui sul suolo, laddove tale circostanza evidenziava che il depuratore, allo stato, non era in grado di trattare l’intero carico idraulico legato al ciclo di lavorazione in ingresso, con conseguente non corretta gestione dei reflui prodotti. Il Giudice per le Indagini Preliminari, pertanto, accogliendo la richiesta del Pubblico Ministero che ha condiviso le risultanze investigative dei Carabinieri, al fine di non consentire il protrarsi o l’aggravarsi del reato, e considerata la necessità che l’attività produttiva, soprattutto in un periodo di attuale grave recessione economica ed occupazionale, non venga interrotta tutt’a un tratto, ha ritenuto di disporre il sequestro preventivo con facoltà d’uso a condizione che la società di gestione proceda entro novanta giorni ad attivare i procedimenti tecnici ed amministrativi affinché l’attività possa essere espletata nel rispetto delle prescrizioni legali in materia di smaltimento dei rifiuti ed ottemperare alle prescrizioni ispettive dei tecnici dell’Arpac di Avellino e dei Carabinieri del N.O.E. di Salerno. Nello specifico, si dovranno rispettare le seguenti prescrizioni quali sigillare immediatamente tutte le tubazioni di by-pass al trattamento dei reflui di processo di lavorazione, fare si che il carico idraulico immesso nel depuratore sia tale da garantire il trattamento depurativo nel rispetto dell’autorizzazione allo scarico, ed infine gestire il surplus dei reflui di lavorazione come rifiuto liquido ai sensi del dlgs 152/2006. La complessa ed articolata attività di indagine della Procura della Repubblica di Avellino, dei Carabinieri del Comando Tutela Ambiente – Nucleo Operativo Ecologico di Salerno, delle Stazioni Carabinieri di Avellino, Atripalda e Montefrdane, consegue ad esposto del “Comitato Salviamo la Valle del Sabato” in relazione all’inquinamento ambientale causato dagli insediamenti del distretto industriale interessante i comuni di Avellino, Atripalda e Montefredane; tra l’altro, lo stesso GIP nel provvedimento di sequestro evidenzia che “visto l’esposto del Comitato Salviamo la Valle del Sabato dal quale emerge che gli abitanti della zona sono costretti da anni a vivere con cattivi odori, insetti, fumi e rumori insopportabili”, che “dalla relazione dei Carabinieri emerge che nei pressi dell’industria alimentare si avvertivano forti esalazioni maleodoranti e nauseabonde, miasmi di intensità tale da rendere irrespirabile l’aria”, che “viste le informazioni fornite dagli abitanti della zona dalle quali emergono le insopportabili condizioni di vita cui questi sono costretti, attese le insistenti e pregnanti esalazioni di odori nauseabondi e molesti” e che “tale procedimento penale è uno dei punti di approdo delle indagini condotte in relazione al fenomeno delle esalazioni lamentato dalla popolazione residente lungo la direttrice industriale Painodardine Arcella nei confronti dei complessi industriali ivi operanti”.