È finito ai domiciliari, ieri pomeriggio, un ventunenne dell’hinterland beneventano, ritenuto responsabile di violenza sessuale nei confronti di una studentessa minorenne del capoluogo. Nell’ordinanza, gli vengono contestati anche atti persecutori, rapina e lesioni personali. La vittima, tra l’altro, sarebbe stata costretta a compiere atti autolesionistici: si tratta di una 17enne, che aveva denunciato l’accaduto nel settembre del 2022 negli uffici della Squadra Mobile. Violenze che si sarebbero protratte per due anni e, in particolare, la giovane avrebbe subito una violenza sessuale il giorno prima di aver deciso di recarsi, ormai stremata, in Questura accompagnata dai genitori e dall’avvocato Gerardo Giorgione. Nel corso della verbalizzazione, la minore avrebbe dichiarato di aver subito continue minacce e molestie a partire dal 2020, da quando aveva quindici anni, da parte di un giovane con il quale avrebbe intrapreso una relazione sentimentale e che l’avrebbe fatta sprofondare in uno stato di soggezione psicologica, fino a provocarle un perdurante e grave stato di ansia e paura, incutendole timore sia per l’incolumità propria che per quella degli altri componenti della famiglia. Una condizione che l’avrebbe costretta ad alterare le proprie abitudini di vita. La ragazza ha anche affermato che il giovane al quale si era legata l’avrebbe indotta finanche a compiere atti di autolesionismo, come ad esempio lanciarsi con la testa contro un muro, riprendendo le immagini con il cellulare. Inoltre sarebbe stata controllata in tutti i movimenti, da casa a scuola, così come per chat e le immagini esistenti sul suo cellulare. La denuncia della minore, dunque, era stata solo il punto di partenza di una più articolata investigazione. Era stato anche attivato il «percorso rosa», che aveva fatto scattare l’audizione della minore in presenza di esperti in psicologia in modo da poter ricostruire l’accaduto. C’è stata, inoltre, l’acquisizione di file audio e immagini presenti sul telefonino della giovane vittima. A integrare il tutto, l’acquisizione dei referti medici relativi alle lesioni riportate e al suo stato di pressione psicologica. Gli inquirenti hanno anche acquisito informazioni dalle persone che avevano rapporti con la vittima. Dichiarazioni che avrebbero confermato l’autentico calvario a cui la minore per lungo tempo era stata sottoposta e al quale non era riuscita a sottrarsi.