Una lettera anonima, che proveniva probabilmente da imprenditori preoccupati per il fatto che lo scompaginamento, in seguito agli arresti, del clan locale aveva determinato richieste estorsive da parte di una cosca di un altro paese. Il messaggio fu spedito all’allora parroco, don Luigi Menditto, che dall’altare, durante la messa di Pasqua del 2012, avvertì come a Casapesenna, il comune del Casertano dove prima il clan Zagaria dettava legge, fossero ormai arrivati i ”sanciprianesi” (dal vicino comune di San Cipriano di Aversa, ndr) a ”dare fastidio” senza che nessuno prendesse provvedimenti. L’episodio emerge dagli atti dell’inchiesta sull’ospedale di Caserta. Da precisare che l’attuale parroco di Casapesenna don Vittorio Cumerlato è completamente estraneo ai fatti, essendosi insediato nel 2013 ed essendo sempre stato in prima linea nella lotta alla criminalità organizzata assieme al sindaco Marcello De Rosa. Dopo la cattura del boss Michele Zagaria, e con il prolungarsi della detenzione di due fratelli, a gestire gli affari – si legge nell’ordinanza – fu l’altro fratello, Antonio. Si determinarono ritardi nei pagamenti che ”spettavano” alla famiglia Zagaria” che garantiva agli imprenditori locali l’aggiudicazione di importanti lavori e appalti pubblici. Racconta Giuseppe Venosa, un collaboratore che ebbe parte attiva in quella vicenda: ”Nel periodo di Pasqua 2012 ci fu detto di andare da alcuni di questi imprenditori in società con la Famiglia Zagaria a chiedere soldi. Era successo questo: dopo l’arresto di Zagaria, venendo a mancare la sua guida ferma sul territorio, alcuni imprenditori iniziavano a far mancare i soldi che stabilmente garantivano alla famiglia. Fu così che Antonio Zagaria ci disse di andare a ‘bussare’ da questi imprenditori in modo che avessero l’idea che eravamo noi Sanciprianesi a chiedere questi soldi, e quando loro fossero andati da Zagaria per chiedere tutela, questi li avrebbe messi di fronte alle loro responsabilità”. ”Ma l’intervento dei Venosa – sottolineano gli inquirenti – dura solo qualche giorno. Una lettera anonima trasmessa al parroco del paese e da questi letta durante la celebrazione di una messa, induce Antonio Zagaria a bloccare i sanciprianesi per timore di eventuali denunce che avrebbero potuto avere conseguenze devastanti per tutto il sistema”. ”Nessun imprenditore di Casapesenna – racconta Venosa – ha mai avuto rapporti, quanto a soldi, con soggetti che non fossero gli Zagaria o suoi fidatissimi collaboratori. Il nostro intervento di Sanciprianesi si è concretizzato solo dopo il suo arresto, e quindi in una situazione di emergenza per il clan. Può essere significativo ricordare quello che è accaduto nel periodo di Pasqua 2012, quando ci recammo dagli imprenditori indicatici da Antonio Zagaria. Fu mandata una lettera alla parrocchia di Casapesenna che il parroco lesse durante una messa, nella quale si diceva che i Sanciprianesi stavano dando fastidio ai Casapesennesi e nessuno prendeva provvedimenti. La cosa impressionò molto Zagaria il quale ci disse di fermarci”.

 

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