Un agguato di probabile matricecamorristica. É questa la pista privilegiata dagli investigatori per l’omicidio del 44enne Giuseppe Cantile avvenuto questa mattina a Baia e Latina (Caserta). L’uomo, ritenuto elemento di spicco del clan Papa operante per conto del clan dei Casalesi (fazione Schiavone) in alcuni comuni del Casertano, in particolare a Sparanise, Capua e Pietramelara, è stato rinvenuto privo di vita nella sua auto con due colpi di pistola alla testa. É stato un passante, intorno alle 8.30, ad avvisare i carabinieri. L’agguato è avvenuto in via Caduti di Guerra, di fronte alle case popolari in cui Cantile dimorava da due anni con una compagna.
Dai primi accertamenti effettuati dagli investigatori del Reparto Operativo di Caserta e della Compagnia di Capua, sembra che i killer abbiano atteso Cantile all’uscita dell’abitazione freddandolo appena entrato in auto con due colpi di pistola alla testa. Un’esecuzione in piena regola dunque; l’arma utilizzata è di piccolo calibro, hanno accertato i carabinieri, non la solita “calibro nove” di cui si servono i killer dei clan. Ma che si sia trattato di un omicidio di matrice camorristica lo dimostrerebbe la caratura criminale di Cantile, noto alle forze dell’ordine dall’inizio degli anni 2000 quando faceva da autista al boss Giuseppe Papa. Gli investigatori stanno monitorando anche filmati di telecamere di sorveglianza che potrebbero aver ripreso i sicari. Numerose le persone ascoltate, nessuno ha riferito di aver visto i killer fuggire, solo un testimone ha raccontato di aver sentito due spari e di averli scambiati per botti. Cantile era stato arrestato l’ultima volta il 30 gennaio del 2013 dai carabinieri di Capua (fu successivamente scarcerato) per il reato di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso insieme ad altre quattro persone. Secondo il pm della Dda di Napoli Antonello Ardituro che coordinò le indagini, Cantile avrebbe imposto per conto del clan Papa il monopolio della vendita di bombole di gas di un’azienda contigua al clan. In cella finirono anche il titolare della ditta favorita dalla cosca e due dipendenti. L’inchiesta accertò come Cantile non si fermasse di fronte a nulla pur di imporre l’interesse del clan, arrivando finanche a buttare fuori strada in una scarpata l’auto su cui viaggiava la compagna dell’imprenditore concorrente che in quel momento era incinta, o a costringere uno dei dipendenti a licenziarsi pochi giorni dopo l’assunzione. Proprio l’imprenditore escluso dal mercato delle bombole raccontò come Cantile lo avesse malmenato con un’asta di metallo, finendo all’ospedale con il polso rotto e altri contusioni al volto e al corpo guaribili in 30 giorni.
Guarda le foto del luogo dell’agguato (Foto di Nadia Maria Nacca)
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