AVERSA – La tecnica del “cavallo di ritorno”, usata dalla camorra per spaventare e in qualche modo punire i commercianti che si ribellavano al pagamento della tangente,
sono le ulteriori risultanze investigative emerse dalle indagini che la procura di Napoli ha svolto nei confronti di uno dei più potenti gruppi criminali aversani che per anni sono stati al servizio dei Casalesi: il clan Ciocia-Della Volpe. Per un caso in particolare finirono sotto inchiesta Pasquale Ciocia, Amedeo Fabozzo, Luigi Gambardella, Domenico Illibato e Luciano Esposito. L’accusa è quella di aver avuto, dopo un furto, la disponibilità di alcuni veicoli di proprietà di un commerciante di attrezzature casearie, Nicola Di Pietro. Nelle mani degli emissari della camorra finirono tre autocarri ed un’automobile, tutti provenienti da un furto commesso ai danni, non solo di Nicola Di Pietro, ma anche del fratello Giovanni. Avvalendosi della posizione di forza dovuta alla loro appartenenza alla camorra, minacciarono le vittime pretendendo per la restituzione dei veicoli più di 7mila euro, un cavallo di ritorno che purtroppo riuscì. Il caso è stato scoperto attraverso le intercettazioni telefoniche. In particolare si è appreso dell’azione estorsiva del gruppo criminale ai danni di Nicola Di Pietro. Il furto era in realtà avvenuto presso il piazzale della concessionaria Nissan di Aversa gestita da Giovanni Di Pietro. “Gli autori del furto – si legge nell’ordinanza – erano verosimilmente degli extracomunitari della zona ben conosciuti dal ras Amedeo Fabozzo dal quale furono contattati subito dopo il raid. In conseguenza Fabozzo comunica alle vittime la necessità di pagamento di somme di denaro perfezionando un accordo sull’ammontare delle stesse. I due fratelli, nel tentativo di rientrare nel possesso dei veicoli, avrebbero investito, quali intermediari, personaggi non meglio identificati del clan dei Casalesi e contattarono a loro volta il capo-fazione Pasquale Ciocia. Quest’ultimo a sua volta si rivolse al suo fedelissimo Amedeo Fabozzo allo scopo di applicare uno sconto sulla cifra richiesta con il cavallo di ritorno. Ma nell’occasione – si legge ancora – Fabozzo fa finta di collaborare con Ciocia, mantenendo però i rapporti con gli extracomunitari con i quali agisce nell’impresa di estorcere denaro ai i fratelli Di Pietro”. Infatti il cavallo di ritorno fu attuato e la magistratura è convinta che fu pagata la somma richiesta.
Carlo Pascarella