A Casapesenna il giorno dopo l’arresto del boss inizia cosi’: con i ‘vicini di casa’ di Michele Zagaria che si affacciano alla finestra e urlano ”scrivete, lo dovete scrivere che ci dispiace che e’ stato arrestato”. Pochi passi piu’ in la’, nella piazza del paese, Mario prova a spiegare il ‘ci dispiace’ racchiudendolo in questa frase: ”Qui il lavoro non c’e’ e chi ha fame inizia a mordere”.
Quindi, ”e’ normale che si e’ disposti anche a lavorare per la camorra”. E poi ancora, ”ora che hanno arrestato Michele Zagaria, chi ci dara’ il pane?”. Niente festa, dunque. Per nessuno. Perche’ ora Casapesenna deve fare i conti con quello che si potrebbe finanche definire ”l’indotto” della camorra, che rischia di non esserci piu’. In piazza, davanti al bar, oggi c’era spazio soprattutto per la rabbia. Parlando con la gente, il sangue, gli omicidi, i morti ammazzati non vengono mai, ma proprio mai presi in considerazione. E cosi’ Zagaria viene definito ”il poveretto che lo Stato ha bloccato”, un ”amico di tutti che faceva del bene”. E c’e’ pure chi chiama in causa la differenza tra il boss ed esponenti della politica, ”non c’e’ nessuna differenza, anzi una c’e’, Michele non e’ piu’ libero, gli altri si”’. ”Quando c’era da aiutare qualcuno, ti aiutava – spiega un compaesano di Zagaria – Qui lo Stato se ne e’ sempre fregato di dare lavoro alla gente e di dargli una mano”. Volendo essere ancora piu’ chiari aggiunge: ”Era un amico che dava un mano a chi ne aveva bisogno, ecco perche’ a noi ci dispiace. Ora siamo abbandonati da tutti, dallo Stato e anche dagli amici. Siamo soli”. Don Vittorio, 33 anni, da tre anni e’ parroco con don Luigi nella chiesa di Santa Croce. Oggi e’ toccato a lui dire messa. Nell’omelia, nessun riferimento diretto all’arresto di Zagaria, ”non serve, la gente non vuole i comizi come quelli dei politici, sarei stato il bello di turno ma il mio compito non e’ questo”. Il compito e’ ”quello di parlare alle coscienze individuali, la mentalita’ di queste persone non cambia e non puo’ cambiare da un giorno all’altro. Andate a fare ai politici le domande che fate a me, domandate anche a loro perche’ la gente oggi dice ‘mi dispiace’. Io so che i giovani non mi parlano di camorra, ma mi chiedono lavoro”. Poi, sale sull’altare e don Vittorio parla del bene ”che si paga a caro prezzo”, e di ”tutti noi che siamo macchiati e che abbiamo tante colpe”. Ma nel cuore della mattinata di festa, con i fedeli tirati a lucido per i battesimi e per la festa dell’Immacolata, oggi ha voluto parlarci anche don Luigi. A fine messa, con i suoi 48 anni di sacerdozio a Casapesenna sulle spalle, quasi a sorpresa e’ salito sull’altare. La rabbia, che nelle sue parole era venuta fuori gia’ ieri dicendo che lo ”Stato in questa terra ha fatto molti sbagli”, oggi torna, forte e chiara. Davanti ai suoi fedeli, esordisce cosi’: ”Sono due giorni che siamo famosi, eppure siamo stati dimenticati per anni, per anni siamo stati nella sofferenza”. Poi, ribadisce che la chiesa e lui non sono mai scesi a compromessi con il clan: ”Dopo 48 anni, posso dirvi di non conoscervi? Certo che non lo posso dire, ma questo non vuol dire che sia sceso a compromessi”. E poi ancora, sempre dall’altare, quasi un appello: ”Sursum corda, ribaltiamo quello che si e’ detto sulla nostra comunita”’. Poi, qualcuno gli chiede di commentare l’arresto di Zagaria. E lui ammette ”certo la gente e’ ora piu’ libera, respira di piu’ ma quello che soprattutto chiedo e’ che lo Stato non abbandoni questa gente”. La gente, appunto. A fine messa, tutti vanno di fretta. E cosi’, sul sagrato, in pochi, con questa scusa, hanno voglia di parlare del boss. ”Zagaria? Lui oggi non puo’ festeggiare”, risponde secca una signora. Pochi secondi di silenzio, poi torna indietro e precisa: ”Ma neanche noi, per la verita”’.