La Corte di Cassazione ha confermato le sei condanne all’ergastolo inflitte al killer Giuseppe Setola, capo dell’ala stragista del clan dei Casalesi, per sette omicidi tra cui figura anche quello di Umberto Bidognetti, padre del “pentito” Domenico, stretto parente del boss Francesco Bidognetti, soprannominato “cicciotto ‘e mezzanotte”, avvenuto il 2 maggio del 2008, a Cancello e Arnone, nel Casertano. La Cassazione gli ha anche inflitto tre anni di isolamento diurno. Setola è ancora sotto processo per altri tre agguati in cui furono uccise quattro persone: si tratta di quello al titolare di una scuola guida, Domenico Noviello, trucidato da decine di colpi il 16 maggio del 2008 in località Baia Verde di Castel Volturno (Caserta); l’11 luglio, nel Lido “La Fiorente” di Varcaturo, venne ammazzato Raffaele Granata, 70 anni, gestore dello stabilimento balneare e padre del sindaco di Calvizzano (anche lui reticente alle richieste di pizzo); il 12 settembre, a San Marcellino, furono invece uccisi Antonio Ciardullo (titolare di una ditta di trasporti) e il suo dipendente Ernesto Fabozzi.

Oltre che di Umberto Bidognetti, Setola è stato ritenuto responsabile di altri sei omicidi avvenuti tutti nel 2008 (periodo stragista) nel Casertano: due albanesi sono stati uccisi il 4 agosto a Castel Volturno mentre erano seduti ai tavolini di un bar (Ziber Dani, di anni 40, e Arthur Kazani, di 36 anni); il 21 agosto, a San Marcellino, muore ammazzato Ramis Doda, 25 anni, davanti al “Bar Freedom”. I tre albanesi, arrotondavano con lo spaccio, ma avevano il permesso di soggiorno e lavoravano nei cantieri come muratori e imbianchini. La sera del 18 settembre, a Castel Volturno, ancora in località Baia Verde, Antonio Celiento, 53 anni, fratello di un affiliato alla fazione Schiavone dei Casalesi, muore crivellato da 60 colpi nella sala giochi di cui è titolare. Altri due omicidi, Setola, li mette a segno nel mese di ottobre di quell’anno: uno riguarda Stanislao Cantelli, zio dei collaboratori di giustizia Luigi e Alfonso Diana (ucciso il 5 ottobre) e l’altro Lorenzo Riccio, ragioniere di un’agenzie di trasporti funebri di Giugliano in Campania (Napoli), ammazzato il 2 ottobre, perché il suo titolare, 15 anni prima, aveva testimoniato contro il boss Francesco Bidognetti.

 

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