PIEDIMONTE MATESE – E’ tempo di appello per il consorzio di bonifica del Sannio-Alifano. E’ fissata per l’undici settembre, tra pochi giorni, quindi, l’udienza relativa a ricorso in appello davanti al consiglio di stato per l’annullamento della sentenza
del tribunale amministrativo regionale sull’iter elettorale e le relative operazioni elettorali che hanno condotto al rinnovo degli organi di vertice dell’ente dopo ben 10 anni di commissariamento e di sostanziale silenzio delle forze politiche intorno all’attività del consorzio. Nell’udienza imminente si chiede, in prima battuta, la sospensione dell’efficacia della sentenza del TAR-Campaniana e poi l’annullamento del provvedimento adottato dalla prima sezione lo scorso dicembre. Si tratta di un articolato sistema di rilievi giuridici che investono la sentenza ritenuta “contradditoria” specialmente in ordine alla trattazione del punto relativo al cosiddetto esercizio del diritto di voto per delega per come è stato valutato tenendo contro anche dei contrasti tra la legge regionale ed il regolamento elettorale per l’elezione del consiglio dei delegati da una parte e lo statuto dell’ente dall’altra.
Altre doglianze riguardano altri aspetti del procedimento elettorale. Pubblichiamo integralmente una scheda curata dall’avvocato Umberto Gentile in nome e per conto dei ricorrenti Raffaele Ferraiuolo , Gianfrancesco , Vertucci e Mastrangelo. Il consorzio di bonifica del Sannio-Alifano guidato dal presidente Pietro Cappella (pendente un giudizio davanti al tar sulla questione del trasferimento dei dipendenti ex telesina) ieri si è costituito in giudizio con la presentazione di un memoria a cura degli avvocati Luigi Maria D’Angiolella ed Eleonora Marzano “ Ecco un quadro di sintesi dei contenuti dell’atto di appello proposto dinnanzi al Consiglio di Stato contro il Consorzio di Bonifica del Sannio Alifano, la Regione Campania, nonché nei confronti di tutti i candidati risultati eletti nel Consiglio dei Delegati del Consorzio di bonifica del Sannio Alifano, iscritto al n. R.G. 5877/2012 del 31 luglio 2012, Le trasmetto le seguenti brevi osservazioni. 1) Con il primo motivo di appello sono state sollevate diverse censure in ordine alla legittimità delle deleghe al voto munite di firma autenticata del solo delegante, che di seguito si passano in rassegna. – Preliminarmente, si è contestato che i 1248 voti ammessi per delega, muniti di firma autentica del solo delegante e raccolti tra le varie sezioni di Piedimonte Matese (seggi 1 e 2), Vairano Patenora e Telese Terme, non avrebbero potuto essere ammessi al voto, atteso che la delega munita di firma autenticata del solo delegante risulta priva di uno specifico ed indefettibile requisito prescritto sia dalla Legge Regionale di settore, sia dal Regolamento Elettorale che ad essa rinvia (l’autentica di firma del delegato).Da qui, dunque, un primo profilo di illegittimità degli atti impugnati in primo grado e, di riflesso, un primo profilo di erroneità della sentenza appellata, con particolare riferimento alle argomentazioni finalizzate a “…contestare la validità dei voti espressi mediante deleghe munite di firma autenticata del delegante…”.
– In seconda battuta, si è evidenziato come le predette schede di voto per delega in ogni caso avrebbero dovuto essere annullate, anche a volersi ritenere applicabile la previsione statutaria di cui all’art. 9 (che non richiede la firma autentica del delegato). Posto, infatti, che la norma statutaria in questione non viola la L.R.C. ed il Regolamento elettorale (lo Statuto chiede la delega con firma autentica del delegante, ma non è che vieta la delega con firma autenticata del delegato), ne discende che la disciplina delle operazioni elettorali consortili deve essere desunta da tutte le fonti normative, ove si considerino non incompatibili tra esse. In altre parole, non potendo un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma statutaria prescindere dal dettato normativo regionale, pienamente in vigore e sovraordinato gerarchicamente, la disposizione statutaria avrebbe dovuto correttamente interpretarsi, nel rispetto della normativa regionale vigente, quale integrazione della previsione normativa, e la delega al voto, in virtù del combinato disposto dell’art. 23 della l.r.c. 4/2003 e dell’art. 9 dello statuto consortile, avrebbe dovuto essere munita, ai fini della sua ammissibilità, tanto della firma autenticata del delegato (norma regionale e regolamentare), quanto della firma autenticata del delegante (norma statutaria), e non soltanto dell’autentica di firma del solo delegante (come prevede il solo Statuto).Con conseguente nullità di tutti quei voti espressi a mezzo delega con firma autentica del solo delegante ed ammessi al voto (che ammontano a complessivi n. 1248 voti sparsi per i 4 seggi di Piedimonte Matese, Vairano Patenora e Telese Terme).
– Sul punto che precede, si è anche contestata la legittimità dell’interpretazione resa dal Consorzio circa la L.R. di riferimento, soprattutto con riguardo alla disciplina statale di cornice (articolo 2 del d.P.R. 23 giugno 1962, n. 947) in materia di delega. Non è, infatti, possibile ritenere che, in proposito, la norma nazionale detti norme di principio fondamentali nella specifica materia di cui si tratta e, specificamente, in materia di operazioni elettorali dei Consorzi di Bonifica, e ciò tenuto conto della espressa previsione contenuta nell’art. 38 della L.R.C. n. 4/2003, ai sensi del quale “…1. Per quanto non espressamente disciplinato dalla presente legge si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, e successive modificazioni (tra cui, per l’appunto, il D.P.R. 947/1962). Solo in difetto di una espressa disciplina della norma regionale potrebbe trovare applicazione la norma nazionale: essendo stata disciplinata dalla LR la procedura elettorale e segnatamente le modalità di conferimento della delega, quindi, la normativa nazionale è inapplicabile. Senza considerare, poi, che l’interpretazione fornita dal Consorzio (cfr. in proposito la nota dirigenziale prot. 2011.0217442 del 21/03/2011 a firma del Dirigente, dott. Francesco Massaro, e dell’avv. A. Carotenuto), ritenuta corretta dal Giudice di prime cure, ha nei fatti sostanziato una interpretazione della norma regionale (o più correttamente una vera e propria modifica e/o abrogazione della norma regionale) travalicante il limite invalicabile posto all’interprete dall’art. 12 delle preleggi, secondo cui, come è noto, “…Nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore….”. D’altronde, lo stesso Giudice di primo grado ha espressamente affermato che “…Tale operazione ermeneutica incontra un limite invalicabile rappresentato dalla lettera della norma nella sua massima capacità di espansione. Non a caso il criterio teleologico (di cui al capoverso dell’art. 12 della preleggi) viene in rilievo solo quando non sia possibile applicare con certezza il criterio letterale previsto nel primo comma….”.
In tale prospettiva, si è denunziata anche l’evidente contraddittorietà dell’iter logico – giuridico della sentenza di primo grado, laddove, da un lato, riconosce espressamente il limite invalicabile dettato dalla lettera della norma, ritenendo tuttavia legittimo, dall’altro lato, detto travalicamento pur in presenza di una norma regionale e di una norma speciale vigenti ed aventi un tenore letterale chiarissimo. Siffatta contraddittorietà emerge ancor più marcata ove è lo stesso Giudice a rilevare come “non sembrerebbe corretto escludere dal voto coloro i quali hanno fatto affidamento sulle prescrizioni di forma contenute nella legge regionale di riferimento”. Se davvero l’interpretazione fornita dal Consorzio fosse stata l’unica corretta, ammissibile da un punto di vista logico-giuridico, tale considerazione non avrebbe avuto alcun motivo di esistere: 1) o è corretta l’interpretazione del Consorzio, con la consequenziale “disapplicazione” della legge regionale e del regolamento, il che sarebbe paradossale; 2) o è corretta la legge regionale ed il regolamento elettorale, con consequenziale applicazione delle norme ivi racchiuse in materia di delega al voto; 3) o è corretto ritenere che tutte le norme in esame (regionale, statutaria, regolamentare) debbano avere applicazione complessiva e congiunta (indi, delega al voto con entrambe le firme autenticate, e non solo l’una o l’altra).
La soluzione raggiunta dal Giudice di primo grado, invece, che sembrerebbe voler assumere un ruolo di mediazione, ha finito col consentire, per assurdo, al potenziale elettore di utilizzare a piacimento entrambe le possibili opzioni (firma autentica del solo delegato, ovvero firma autentica del solo delegante), conferendo così alla norma regionale di settore ed al regolamento elettorale, in vigore e gerarchicamente sovraordinati rispetto alla norma statutaria del consorzio, un ruolo meramente marginale rispetto a quest’ultima e determinando, in tal modo, un’assoluta incertezza nello svolgimento delle operazioni elettorali: il che, tuttavia, alla luce dei noti principi di certezza del diritto e di gerarchia delle fonti, non è oggettivamente concepibile. 2) Con il secondo motivo di appello, si è denunziata l’erroneità della sentenza impugnata laddove si è affermato che “…gli organi del Consorzio, in prossimità dello svolgimento della competizione elettorale, hanno chiarito la modalità di conferimento della delega di voto ritenuta corretta, dimostrando un comportamento lineare e trasparente. Non può obliterarsi che sono state diramate precise istruzioni per il voto, per cui, anche sotto tale concorrente aspetto, non appare ragionevole invalidare le espressioni di voto rese da parte di quei consorziati i quali, conformandosi alle istruzioni, hanno apprestato tutta la dovuta diligenza…”.
Tale assunto, infatti, non può trovare oggettivo riscontro nella realtà dei fatti accaduti. Il Commissario Straordinario del Consorzio di Bonifica Sannio Alifano, con la nota informativa del febbraio 2011 inoltrata a tutti gli aventi diritto al voto, aveva comunicato in maniera univoca che le modalità di esercizio del diritto di voto mediante delega sarebbero state quelle previste dall’art. 4 del vigente Regolamento elettorale (art. 23 della LR 25/02/2003 n. 4). L’avente diritto al voto, pertanto, ha ricevuto un’informazione ben precisa, pienamente conforme alla Legge Regionale ed al Regolamento elettorale vigenti. Con la nota prot. 228/P dell’11 marzo 2011 (quindi 16 gg. prima dell’inizio delle operazioni elettorali e molto dopo l’avvenuta spedizione della prima nota), il Commissario Straordinario del Consorzio richiedeva un parere urgente all’Assessore Regionale all’Agricoltura, nonché al Dirigente ad interim dell’Area Generale di Coordinamento Sviluppo Attività Settore Primario, per avere chiarimenti in ordine alla questione dell’autentica di firma (se del delegante o del delegato) della delega.
In risposta alla predetta richiesta, il Dirigente, dott. Francesco Massaro, e l’avv. A. Carotenuto, giusta nota prot. 2011.0217442 del 21/03/2011 (appena 6 GIORNI prima dell’inizio delle operazioni elettorali), inoltravano la loro corretta interpretazione dell’art. 23, comma 6, della L.R.C. 04/03 circa il voto per delega. A prescindere dal merito delle conclusioni del predetto parere, la nota interpretativa in discussione (intervenuta soltanto 6 gg. prima dell’inizio delle elezioni) non è stata pubblicata, né tantomeno comunicata a tutti gli aventi diritto al voto, i quali, in concreto, sono rimasti consapevoli, per come precedentemente informati, che ai fini dell’esercizio del diritto di voto a mezzo delega era comunque sufficiente ed ammissibile l’autentica di firma del solo delegato (nel rispetto dell’informativa posta sul retro della comunicazione del febbraio 2011, nonché dell’art. 23, comma 6, della L.R.C. 4/2003). In buona sostanza, la condotta “lineare e trasparente” affermata dal Giudice di prime cure appare del tutto inesistente. Aggiungasi, inoltre, che la “nota interpretativa” del 21 marzo 2011 non solo non costituisce atto idoneo a modificare e/o abrogare una norma di legge (la modifica di una legge regionale deve avvenire mediante il procedimento previsto per la formazione della legge regionale), ma soprattutto non costituisce atto idoneo a fornire un’interpretazione (nuova) della norma di diretta ed immediata applicazione, oltrepassando il limite invalicabile rappresentato dal tenore letterale della norma medesima. 3) Con il terzo motivo di appello si è denunziato che la stragrande maggioranza delle deleghe presentate ed ammesse al voto avrebbe dovuto essere dichiarata nulla dagli organi del seggio e, per l’effetto, non avrebbe dovuto ammettersi al voto, in quanto costituita da deleghe con firma autenticata NON da notaio, segretario comunale o funzionario del Consorzio, come invece previsto dalla Legge Regionale e dalle norme consortili, bensì da soggetti diversi assolutamente non legittimati ai sensi delle predette norme. 4) Con il quarto motivo di appello si è rimarcata l’illegittimità delle operazioni elettorali consortili e, conseguentemente, dei risultati approvati con Deliberazione Commissariale n. 54/2011 del 30 marzo 2011 per effetto della disorganizzazione ed inefficienza dei seggi elettorali e, più in generale, della “macchina elettorale”. – Prima di tutto, l’organizzazione dei seggi non ha concretamente consentito il legittimo esercizio del diritto di voto ai consorziati diversamente abili, disattendendo e violando tutte le disposizioni normative (legge 15 gennaio 1991, n. 15; art. 29 della legge 5 febbraio 1992, n. 104) dettate in materia.
– In secondo luogo, come confermato dalla stampa locale, dai numerosi esposti presentati dagli elettori ai competenti organi di polizia, dalle note di reclamo sottoscritte da alcuni candidati ed allegate ai verbali delle operazioni di seggio (non contestate in alcun modo dai componenti del seggio), la disorganizzazione e l’assoluta inefficienza dei seggi e di tutta la macchina elettorale ha concretamente impedito e/o ostacolato l’esercizio del diritto di voto a tutti gli elettori, alterando inevitabilmente l’esito delle votazioni. Spiccano, in particolare, la sottovalutazione e/o sottostima dell’entità del numero dei votanti (a fronte di 19.230 unità, sono stati allestiti soltanto n. 4 seggi), in dispregio della normativa nazionale dettata in materia di elettorato attivo (art. 34 del D.P.R. 20-3-1967 n. 223, “in ogni sezione il numero di iscritti non sia di regola superiore a 1.200 né inferiore a 500…”); nonché la scelta, tutt’altro che debitamente pubblicizzata e di gran lunga la meno ragionevole, di mantenere i seggi aperti ad oltranza, comunicata allorquando, pochi minuti prima delle 20:00, la gran parte dei consorziati aveva già abbandonato i seggi (sul punto, vi sono contestazioni sottoscritte da alcuni candidati di entrambe le liste in lizza). Non si dimentichi, inoltre, che la scelta del prolungamento ad oltranza delle operazioni elettorali, oltre ad essere in contrasto con l’art. 20 del Reg. Elett., ha comportato l’insorgenza di tensioni e risse in strada da parte dei consorziati ancora in fila, con numerosi interventi delle forze dell’ordine (il tutto comprovato dalla stampa locale, i cui stralci sono stati allegati al ricorso di primo grado).
– A sostegno dei punti che precedono, infine, si è evidenziato come i dati elettorali finali abbiano confermato inequivocabilmente le falle della macchina elettorale: in Vairano Patenora, su 6.430 consorziati aventi diritto al voto, hanno espresso il loro voto appena 947 unità (quasi 20 ore per raccogliere 947 voti); nel seggio 1 di Piedimonte Matese, 1.095 elettori su 4.435; nel seggio n. 2 di Piedimonte Matese, 1.252 elettori su 4.395; nel seggio di Telese Terme, 842 elettori su 3.970. 5) Con il quinto ed ultimo motivo di appello si è ribadita la nullità radicale originaria delle operazioni elettorali del 27 marzo 2011, e ciò tenuto conto: – da un lato, del mancato adeguamento dello Statuto consortile prescritto dall’art. 1, comma 4, della LRC n. 4/2011, entrata in vigore il 17 marzo 2011, ai sensi del quale “…gli organi di amministrazione e di controllo, ivi compresi i collegi di revisori, ove non già costituiti in forma monocratica, siano costituiti da un numero non superiore, rispettivamente a cinque e a tre componenti….”. A norma di legge, infatti, il rinnovo degli organi di amministrazione del Consorzio di Bonifica del Sannio Alifano (primo rinnovo dopo l’entrata in vigore della Finanziaria Regionale 2011) avrebbe dovuto necessariamente essere preceduto dall’adeguamento dello Statuto nei termini surriferiti, pena la responsabilità erariale dell’ente inadempiente e, soprattutto, la nullità di tutti gli atti adottati dagli organi degli enti e degli organismi pubblici interessati, secondo quanto disposto dall’art. 6, comma 5, della Legge Finanziaria 2011 (L.122/2010);-
dall’altro lato, della mancata ricostituzione degli organi consortili entro il 27 aprile 2011, ai sensi dell’art. 15 della L.R. 16/2010, secondo cui “Qualora i consorzi di bonifica non ricostituiscano gli organi entro il 27 marzo 2011, il Presidente della Giunta regionale provvede alla nomina di commissari scelti tra professionalità esterne alla Regione con esperienza dirigenziale o commissariale….”. Considerato, infatti, che entro il 27 marzo 2011 si sono tenute le elezioni, ma non si sono ricostituiti entro tale data gli organi consortili, necessariamente si sarebbe dovuto procedere alla nomina di un commissario ai sensi dell’art.15 LRC 16/2010 cit., stante l’impossibilità di ricostituire, oltre il limite temporale fissato ex lege, gli organi consortili. I motivi di appello passati in rassegna sono analoghi a quelli articolati nell’interesse dei sigg.ri Gianfrancesco, Vertucci e Mastrangelo con atti di appello depositati anch’essi in data 31 luglio 2012 (iscritti, rispettivamente, ai nn. di R.G. 5873/2012, 5875/2012, 5876/2012)” termina la scheda dei motivi dell’appello contro la sentenza.
Michele Martuscelli