Si è tolto la vita per questione economiche legate alla difficoltà di sostenere i tre figli disoccupati il 46nne agente della Polizia Penitenziaria in servizio al carcere di Carinola Nicola Di Chiara. L’uomo, hanno ricostruito i carabinieri e il sostituto di Santa Maria Capua Vetere Domenico Musto, questa mattina si recato a casa del padre e alla madre, il primo ex dipendente e autista della Procura della Repubblica di Napoli, dove ha lavorato con i magistrati Maria Antonietta Troncone e Antonio D’Amato, attualmente Procuratore e Aggiunto alla Procura di Santa Maria Capua Vetere; in casa con i genitori c’era anche il fratello. Il 46enne poliziotto penitenziario aveva con sé la propria pistola di ordinanza, una calibro nove; i genitori erano sul divano, mentre il fratello era intento a fare il caffè. De Chiara era disperato per i problemi incontrati nel sostenere economicamente i tre figli disoccupati, il primo dei quali, rappresentante di prodotti per barbieri in Abruzzo, aveva perso il lavoro nelle settimane scorse dopo le vicende legate al terremoto e alla neve che avevano colpito la regione del Centro Italia. De Chiara ha iniziato a lamentarsi, il padre ha provato a calmarlo, ma no c’è stato nulla da fare; l’agente ha preso l’arma e l’ha puntata alla testa; il proiettile, fuoriuscito dalla tempia, avrebbe poi colpito alla gamba il fratello, ora ricoverato alla clinica Pineta Grande di Castel Volturno. “C’è bisogno di un supporto psicologico per i colleghi in difficoltà – dice Ciro Auricchio, segretario regionale dell’Uspp (Unione Sindacati Polizia Penitenziaria, ndr) – anche attivando dei presidii insieme con l’Asl all’interno delle strutture detentive”. Auricchio esprime anche “il proprio cordoglio e quello di tutto il sindacato, alla famiglia dell’agente che si è tolto la vita”.