Il caso del prete di Ponticelli è stato archiviato l’anno scorso, dopo tre anni di accertamenti, sulla base della documentazione raccolta dalla diocesi di Napoli a seguito della denuncia di abusi su un minore per fatti avvenuti agli inizi degli anni Novanta. L’iter burocratico si è concluso da parte del Vaticano con il semplice consiglio all’arcivescovo di Napoli di inoltrare una «ammonizione» all’ex parroco di Ponticelli. I referti medici, i documenti ma soprattutto la testimonianza della vittima, D.E., oggi un uomo sposato, affetto da profonda depressione, non sono bastati per avviare un ulteriore procedimento canonico e punire il prete che, nel frattempo, la curia napoletana aveva provveduto a fare sparire dalla circolazione. Ora vive ospite di una struttura religiosa top secret dove sembra celebri regolarmente la messa e amministrando i sacramenti. Un vistoso caso di insabbiamento? I dubbi affiorano inevitabilmente visto che ad indagine vaticana chiusa e archiviata nei sotterranei dell’ex Sant’Uffizio con la decisione dell’«ammonimento» per correggere i «comportamenti impropri» del prete, una seconda vittima. G.S., ha scelto nel frattempo di uscire dal silenzio. I vent’anni carichi di vergogna e dolore li ha raccontati anche al Mattino in una intervista in cui emergono non solo gli abusi ma soprattutto un atteggiamento rapace e predatorio da parte del sacerdote verso diversi ragazzini. «Vorrei che la Chiesa capisse la necessità di punire questi sacerdoti e di renderli finalmente incapaci di fare del male ad altri bambini». La denuncia choccante di G.S. in queste 48 ore ha avuto la forza di rompere altri muri, aiutare altre presunte vittime di Ponticelli ad uscire allo scoperto. Evidentemente erano diversi gli adolescenti entrati nel radar del sacerdote e adescati. Nello studio dell’avvocato che difende D.E, Carlo Grezio, sono arrivate altre carte, documentazione di persone che dopo avere letto l’inchiesta del Mattino lo hanno contattato chiedendo l’anonimato ma mettendo nelle sue mani certificati, lettere, persino una supplica al Papa, in questo caso Papa Ratzinger visto che la denuncia fu inoltrata in Vaticano nel 2010 dalla città di Aversa. Se la giustizia canonica non funziona, se nemmeno il Papa o il Vaticano rispondono alle vittime, allora sarà la giustizia civile a farlo. «Questo è un caso che mi è appena arrivato. Sto ancora leggendo le carte». A corredo ci sono referti medici, la risposta protocollata della Congregazione della Fede che assicura di avere ricevuto il plico con la denuncia e la copia della lettera inviata nel 2010 a Papa Benedetto XVI. La vittima stavolta è un uomo di 38 anni, originario di Aversa, che dal 1992 al 1999 ha frequentato il seminario arcivescovile. All’età di 13 anni avrebbe subito gli abusi di un religioso che insegnava nella struttura. Per costringerlo ad avere rapporti lo chiudeva in una specie di sgabuzzino. I documenti riportano nel dettaglio fatti, circostanze, testimoni.

 

 

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