Un “no” secco e definitivo alla traduzione in udienza di Giuseppe Setola è stato pronunciato dal presidente del collegio di Corte d’Assise del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) davanti al quale è in corso il processo per l’omicidio di Domenico Noviello, l’imprenditore ammazzato il 16 maggio del 2008 a Castel Volturno dal gruppo di fuoco dei Casalesi. Oggi è iniziata la requisitoria, ma prima ancora che il pm della DDA Alessandro Milita iniziasse a parlare, il presidente Maria Alaia ha voluto “ribadire pubblicamente e una volta per tutte” le ragioni dell’ennesimo “no” all’istanza presentata dal killer, detenuto al 41bis nel carcere di Milano-Opera. “Sussistono tutte le condizioni per rigettare l’istanza, più volte presentata dall’imputato di traduzione in aula: non solo perché è al 41bis, ma per ragioni di sicurezza e allarme sociale, per questioni di simultaneità con altri processi in cui Setola deve essere presente, e perché gli esiti della perizia oculistica sono tali per cui l’imputato ha un campo visivo che gli permette di assistere al processo in video-conferenza”. A metà udienza Setola ha poi rinunciato al prosieguo “per motivi di salute”. Gli altri imputati sono Alessandro Cirillo e Giovanni Letizia (entrambi erano in video-conferenza), il pentito Luigi Tartarone (collegato da un sito protetto) mentre in aula, ristretti in un’unica cella, erano presenti gli imputati Francesco Cirillo, Metello Di Bona e Massimo Napolano, ai quali il pm ha rivolto anche un rimprovero a fine udienza. “Che ridete a fare, la prossima volta andrete in celle separate”. Nella prima parte delle requisitoria – proseguirà il 7 luglio – Milita ha parlato dell’omicidio Noviello “come un atto criminale terrificante e uno degli episodi più gravi avvenuti nel 2008, perché il clan ha voluto colpire per la prima volta, con finalità dimostrative rivolte alla collettività, un commerciante che si era ribellato al suo potere”. Questa scia di sangue, avviata da Setola per ribadire la forza del clan Bidognetti, allora fortemente indebolito dopo la collaborazione di Domenico Bidognetti, si interromperà qualche tempo dopo la strage degli africani (avvenuta a Castel Volturno il 18 settembre 2008, ndr) quando “la comunità straniera – prosegue il pm – si ribellerà a differenza della comunità locale totalmente omertosa e assoggettata al condizionamento del clan”. Milita torna anche sulla presunta malattia di Setola, che nell’aprile del 2008 lo portò ai domiciliari nella clinica di Pavia da cui fuggì per ritornare nel Casertano e iniziare a sparare. “Setola veniva imboccato col cucchiaino e accompagnato col bastone, ma sapeva che il clan era in crisi e che prima o poi la sua falsa malattia sarebbe stata scoperta, perciò evase”.