Due condanne per omicidio e una per associazione mafiosa. Questo l’esito del processo sull’assassinio di Ramis Doda, commesso nel 2008 a San Marcellino. La Corte d’Assise del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (presidente Napolitano, giudice a latere Urbano) ha inflitto 30 anni di carcere a Salvatore Santoro e 15 anni al pentito Giuseppe Guerra, che ha usufruito dello sconto di pena per i collaboratori di giustizia. Mentre l’altro imputato Giovanni Bartolucci è stato condannato a 12 anni. Santoro, difeso dall’avvocato Emilio Martino, e Guerra sono stati ritenuti responsabili dell’omicidio dell’albanese, ammazzato all’età di 25 anni il 21 agosto 2008 all’esterno del bar Freedom a San Marcellino. Per Bartolucci invece è caduta l’accusa di omicidio (il pm aveva chiesto 30 anni) ed è stato condannato a 12 anni solo per associazione mafiosa. Il suo difensore, lo stimato avvocato Francesco Liguori (candidato alle ultime regionali nella lista Pd), è riuscito a smontare l’impianto accusatorio dimostrando che il suo assistito non prese parte al raid. Santoro e Bartolucci, già detenuti, furono raggiunti nel dicembre 2012 da un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip del Tribunale di Napoli su richiesta della Dda con l’accusa di aver rivestito un ruolo determinante, in concorso con altri componenti dell’ala stragista dei Casalesi, capeggiata da Giuseppe Setola, nell’omicidio di Ramis Doda. Le indagini, basate sulle dichiarazioni del pentito Oreste Spagnuolo, avevano portato nel novembre 2009 all’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Setola e Giovanni Letizia con i ruoli di mandanti ed esecutori materiali, Alessandro Cirillo e lo stesso Spagnuolo, come autisti dei due killer, oltre che di Santoro e Guerra con i ruoli di basisti e organizzatori delle fasi preparatorie e terminali dell’omicidio.

Mario De Michele

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