Sono decine i detenuti al carcere casertano di Santa Maria Capua Vetere, centinaia in tutta Italia, costretti a restare in carcere, nonostante siano stati ammessi dai magistrati al beneficio dei domiciliari, per la mancanza del braccialetto elettronico. A denunciarlo è la Camera Penale del Foro di Santa Maria Capua Vetere in una conferenza stampa dai toni molto accessi organizzata di concerto con l’Ordine degli Avvocati. Sono appena duemila in tutta Italia, infatti, i braccialetti disponibili, dopo che dal giugno 2014 l’iter per l’acquisto si è fermato perché il Ministero di Grazia e Giustizia non ha risorse per firmare un nuovo contratto con la Telecom, che da quasi 15 anni fornisce gli apparecchi in regime di monopolio. Eppure Parlamento e Governo puntano forte sulla misura dei domiciliari con il braccialetto, che “secondo la legge 47 del 2015 – spiega l’avvocato Angelo Raucci, della Camera Penale – dovrebbe rappresentare la prima misura cautelare con il duplice scopo di ridurre ad extrema ratio la carcerazione preventiva e incidere sul sovraffollamento delle carceri. Ma la legge è inattuabile e la situazione coinvolge anche profili di costituzionalità riguardanti la liberta personale, visto che molto detenuti sono costretti a restare in carcere anche per mesi in attesa della disponibilità di un braccialetto”. Se la vicenda, fa notare il presidente della Camera Penale Romolo Vignola, “dovesse arrivare alla Corte Europea dei Diritti Umani, che di recente ha già condannato l’Italia per le modalità di detenzione ritenute poco dignitose per i carcerati, potrebbero scattare ulteriori sanzioni per l’Italia”. I dati diffusi fotografano “l’illogicità e la contraddittorietà del sistema giustizia” aggiunge Raucci; pochi giorni fa una circolare del Ministero ha complicato la situazione prevedendo che la ricerca del braccialetto avvenga su base nazionale, mentre prima era su base regionale. “Per i 2000 braccialetti – spiega ancora Raucci – sono stati spesi 81 milioni di euro, una cifra spropositata; spero che il Ministero bandisca una gara pubblica per trovare nuovi contraenti visto che oggi quella tecnologia usata dai braccialetti, basata sul Gps, è ampiamente disponibile sul mercato”. In Germania un braccialetto costa 7 euro al giorno, negli Usa 5 euro, in Itali 115 euro. A ciò si aggiungono le risorse usate per i detenuti che restano in carcere pur potendo uscire – si calcola che ogni detenuto costi al giorno tra gli 800 e i 900 euro – o quelle utilizzate dalle forze dell’ordine per i controlli giornalieri di coloro che scontano gli arresti a casa. L’uso del braccialetto impedirebbe, insomma, tanti sprechi. La mancanza dei braccialetti alimenta anche un corto circuito nell’ordinamento, di cui “i magistrati – dicono gli avvocati – sono in parte responsabili, visto che continuano a disporre i domiciliari con il braccialetto senza curarsi del fatto che gli apparecchi non sono disponibili”. Gli avvocati invieranno un documento all’Unione Nazionale delle Camere Penali e al Guardasigilli e alla ripresa dopo la sospensione feriale potrebbero indire alcuni giorni di astensione.