Si presentavano come appartenenti al clan dei Casalesi, emissari e reggenti di ‘Sandokan’ (il boss Francesco Schiavone) nel Modenese, per convincere cinque imprenditori,
artigiani o piccoli imprenditori, quattro della Bassa e uno del Rodigino, a consegnare denaro. Per estorsione e rapina in concorso, aggravate dal ‘metodo mafioso’, i carabinieri di Sassuolo – coordinati della Dda di Bologna (procuratore Roberto Alfonso e pm Enrico Cieri) – hanno eseguito otto ordinanze di custodia cautelare in carcere; una nona persona è ricercata. Tutti, tranne due, hanno precedenti specifici. I nomi di alcuni erano già emersi in indagini sulla camorra a Napoli. E se estorsioni e riscossioni violente di crediti, tipici della Camorra, sono il chiaro sintomo della penetrazione raggiunta in Emilia-Romagna, ad inquietare di più gli inquirenti c’é quell’appartenenza esibita “perché decisivo ed ulteriore strumento di pressione sulle vittime”. Segno che gli arrestati temono poco le denunce e sono consapevoli di come il ‘marchio di fabbrica’ Casalesi sia noto e temuto dai loro interlocutori. Non solo: tra gli arrestati ci sono due piccoli imprenditori – uno nato in Campania, l’altro in Emilia, entrambi con attività nel Modenese – che per riscuotere i loro crediti si sono rivolti a camorristi, che conoscevano, sì, personalmente, ma con i quali non avevano legami di affiliazione. Anche questo un segno del salto di qualità dell’infiltrazione. Tutto è partito nel luglio 2011 dalla denuncia di un imprenditore edile di origine campana, residente nel comprensorio ceramico. Le indagini hanno permesso di scoprire che la banda aveva altre quattro vittime. Alcune conosciute direttamente dai taglieggiatori, altre contattate dopo aver saputo dai creditori (con i quali i malviventi erano amici) che vantavano nei loro confronti crediti che non riuscivano a riscuotere. Per due estorsioni invece i criminali hanno agito all’insaputa degli stessi creditori. In pratica il gruppo, saputo che un imprenditore doveva riscuotere da un terzo del denaro, si presentava a quest’ultimo come esattore, chiedendo il versamento delle somme. Un vittima ha raccontato di aver visto un’agenda dove l’esattore “annotava i pagamenti”. C’erano altri nominativi di persone con accanto delle cifre. Segno, per gli inquirenti, di una contabilità ‘nera’ di una attività criminale esercitata su una vasta platea. Per rendere più ‘efficaci’ le intimidazioni, oltre a minacce all’incolumità di vittime e familiari, i camorristi hanno esibito armi e malmenato le vittime. Sfoggiando il nome di Sandokan e sostenendo che parte dei soldi erano “per i familiari degli amici in carcere a Caserta”, sarebbero riusciti a estorcere circa 50.000 euro.