Un rapporto pluridecennale che non si è interrotto con l’arrivo di arresti, condanne, processi e campagne giornalistiche. Ha, tra gli altri, confermato un punto in particolare: il rapporto tra la sua famiglia e quel Nicola Schiavone imprenditore del ’54 finito nell’ultima inchiesta della Dda di Napoli. E’ Giuseppina Nappa a parlare, moglie di Francesco ‘Sandokan’ Schiavone, in un verbale di sommarie informazioni messo agli atti nel corso dell’inchiesta sulla Rete ferroviaria italiana, ultimo potenziale scandalo in materia di appalti sospetti e pressing criminale. Vive in località protetta, ma non è una collaboratrice di giustizia – come chiariscono gli inquirenti – dal momento che il suo trasferimento in un sito riservato è stato preso per motivi di opportunità, dopo il pentimento del figlio Nicola.
La parole della Nappa confermano l’esistenza di rapporti tra il manager e superconsulente ben integrato nella Napoli bene e in una certa Roma che conta, in uno scenario investigativo che sta macinando atti istruttori. Due giorni fa, il blitz firmato dai pm Antonello Ardituro e Graziella Arlomede, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Luigi Frunzio, perquisiti gli uffici di un consorzio in viale Gramsci (unione di più imprese che entrano nelle subforniture della RFI) e una società di consulenza di piazza dei Martiri, direttamente riconducibile al 65enne Nicola Schiavone. Acquisiti carte e documenti informatici, mentre su un altro versante va avanti la raccolta di informazioni. In questi giorni sono stati convocati in Procura due dirigenti della Rfi, professionisti da ascoltare come persone informate dei fatti. Qual è la strategia della Procura? Vogliono verificare una delle ipotesi che sta alla base del procedimento: la capacità di Nicola Schiavone di fare la voce grossa e di condizionare la carriera di alcuni dirigenti, con qualche telefonata alle persone giuste, lì nell’azienda di Stato.