CASERTA- Quintali di pasta fresca, olio pugliese, bottiglie di vino e pregiati tartufi delle Marche, ma anche piante di ulivo, computer e monitor. Sfiora il mezzo milione di euro il valore della merce che una banda di truffatori, con base fra Bologna e la Romagna, e’ riuscita ad accaparrarsi e rivendere sul mercato nero dopo avere raggirato decine di ditte sparse su tutto il territorio nazionale, soprattutto piccole aziende alimentari a gestione familiare.

Il trucco, smascherato dalla squadra Mobile di Bologna che ha denunciato i tre presunti organizzatori, era semplice: creavano societa’ fittizie, del tutto inesistenti, ma con nomi simili a quelli di importanti aziende del settore alimentare o del catering; inventavano sedi commerciali, magazzini e depositi, indicati in bella vista su biglietti da visita e fogli di carta intestata, e con queste credenziali fasulle facevano grossi ordinativi di prodotti, per decine di migliaia di euro, che dopo la consegna non venivano pagati. Nel frattempo infatti la ‘premiata ditta’, come e’ stata ribattezzata l’operazione, scompariva nel nulla, e un’altra veniva fatta nascere per imbrogliare altre aziende. L’indagine, coordinata dal Pm Massimiliano Rossi della Procura di Bologna, e’ nata lo scorso ottobre dalla denuncia del titolare di un pastificio di Pordenone, insospettito perche’ dopo il mancato pagamento di un ordine da quasi 40.000 euro, che rischiava di metterlo sul lastrico, la ditta gli aveva promesso di saldare il conto solo se avesse spedito un’altra partita di pasta. Nella stessa situazione, hanno scoperto via via gli investigatori, c’erano almeno altri 20 imprenditori finiti nel mirino della banda: tra i tanti, un altro pastificio e un negozio di elettronica di Bologna, un’azienda vinicola del Trapanese, una birreria di Caserta, un vivaio di Pistoia. Gli indagati, accusati di associazione per delinquere finalizzata alla truffa, sono S.D., bolognese di 61 anni, ritenuto ‘la mente’ e il ragioniere della banda, B.R., bolognese di 47 anni, l’unico incensurato dei tre al quale venivano intestati gli affitti dei locali usati come sedi delle societa’ fittizie, e G.O., 68 anni, di Forli’, che si occupava di ricevere le partite di merce da rivendere sul mercato nero, soprattutto a negozi ma anche a ristoranti della riviera adriatica. Secondo gli investigatori, i tre avrebbero anche sfruttato il periodo di crisi: molti imprenditori in difficolta’, dopo la prima spedizione venivano indotti a inviare altri prodotti, con l’illusione di avere trovato un buon cliente che alla fine avrebbe pagato.

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