“Giornali come Avvenire e Famiglia Cristiana andrebbero chiusi, si occupano delle beghe della politica e non parlano del Paradiso, un discorso che per loro occupa poco spazio, lo spazio delle loro testate ipocrite come le critiche che fanno a Don Gallo che ha dedicato la vita ad aiutare gli ultimi”.
Strali feroci sulla Consulta che ha bocciato il referendum sulla legge elettorale “buttando nel cestino un milione 200 mila voti”. Critiche al direttore generale della Rai Lorenza Lei che “ha distanziato Santoro”. Un insulto ad Aldo Grasso, critico televisivo del Corriere della Sera, accenni al referendum sulla privatizzazione della Rai, riferimenti religiosi, il governo Monti definito “materiale di ottima resistenza, apparentemente indipendente, facile all’ossido dei partiti”. La denuncia, citando il Corriere della Sera e il Wall Street Journal, che la Germania e la Francia hanno imposto l’acquisto di armamenti alla Grecia per concedere gli aiuti. Non resterà senza conseguenze l’intervento fiume di Adriano Celentano, quasi un’ora di performance tra il messianico e l’invettiva con quattro momenti musicali, incursioni nel rock’n’roll e il ripescaggio di una rarità, Il Forestiero, eseguita per sottolineare un passaggio dedicato al martirio di Gesù. E le prime reazioni non si fanno attendere. “Davvero un bello spettacolo. Bravo, viva Sanremo e viva la Rao”, replica dal sito il direttore di Avvenire Marco Tarquinio. “Tutto questo, perché abbiamo scritto che con quel che costa lui alla Rai per una serata si potevano non chiudere le sedi giornalistiche Rai nel Sud del mondo e farle funzionare per un anno intero”. E il segretario della Fnsi Franco Siddi parla di “battute senza senso sui giornali” da parte di Celentano. Già l’inizio è stato violento, scene di guerra, bombardamenti, ragazzi che crollavano sul palco. Celentano è partito attaccando “preti e frati che non parlano mai del motivo per cui siamo nati, non parlano mai del Paradiso, come so fossimo nati per morire”. Poi l’attacco all’Avvenire e Famiglia Cristiana, prima di una citazione degli operai che dall’otto dicembre sono sulla torre della stazione di Milano per protestare contro la cancellazione di vagoni letto. Il momento più teatrale è stato quello dedicato alla bocciatura del referendum sulla legge elettorale: Pupo dalla platea, Gianni Morandi e Rocco Papaleo hanno inscenato un dialogo a quattro sul concetto del popolo sovrano, un diritto sancito dalla Costituzione, che nel testo di Celentano, è stato calpestato dalla decisione della Consulta. Anche Morandi ha pronunciato parole di critica contro la bocciatura e contro l’allontanamento dalla Rai di Santoro. Elisabetta Canalis ha fatto una pallida apparizione, come incerta materializzazione dell’Italia. Prima dell’attacco alla Germania e alla Francia, un riferimento al martirio di Gesù, prologo a una denuncia dell’inutilità delle preoccupazioni terrene, l’insulto ad Aldo Grasso, le critiche alla Merkel e Sarkozy. Un momento molto lungo, concepito come se le canzoni fossero un premio per chi ascoltava il sermone. Certo quando canta il rock, Prisencolinensinainciusol, Il Forestiero, Celentano è irragiungibile ma la musica in un contesto messianico di questo genere non è l’elemento determinante, né sembra la sua principale preoccupazione che, come da collaudato copione, è quella di entrare a piedi uniti sulle convenzioni, comprese quelle della narrazione televisiva.