Giancarlo Galan, accusato di corruzione nella vicenda Mose, resta in carcere, nella sezione ospedaliera di Opera. Il Tribunale del riesame presieduto da Angelo Risi ha respinto la richiesta di libertà o in subordine dei domiciliari avanzata dalla difesa – avv. Nicolò Ghedini e Antonio Franchini – accogliendo però solo in parte la tesi della Procura, avvallata a suo tempo dal Gip Alberto Scaramuzza. La novità di questo primo passaggio davanti ai giudici consiste nel fatto che il collegio ha annullato parte dell’ordinanza del Gip, quella per i fatti riferiti al periodo antecedente il 22 luglio 2008. Sono così ‘caduti’ i reati, perché prescritti, relativi “alle ricezioni in occasione della campagne elettorali di cospicui finanziamenti che gli venivano consegnati” da Piergiorgio Baita (ex Mantovani); cassata anche la “ricezione nel 2005 della somma di 200mila euro all’hotel Santa Chiara di Venezia” su versamento del Consorzio Venezia Nuova; stessa sorte per il “finanziamento delle opere relative alla ristrutturazione dell’abitazione di Cinto euganeo”, la famosa villa padronale, sempre nel periodo in esame. Escluso, infine, anche il versamento nel 2005 “in un conto corrente presso una banca di San Marino della somma di 50mila euro”. Il Riesame – punto questo a sfavore della difesa – ha anche respinto l’ipotesi di una competenza del Tribunale dei ministri per i fatti dell’inchiesta Mose addebitati a Galan dopo il 2010, quando il politico di Fi divenne ministro. ‘Bocciate’ allo stesso modo anche le riserve avanzate dai legali sul rispetto dell’articolo 6 della Costituzione relativo ai diritti al ‘giusto processo’. Ma l’udienza del Riesame iniziata ieri ha segnato altri punti a sfavore dell’ex governatore. I Pm Paola Tonini e Stefano Ancillotto hanno infatti depositato stralci di nuovi interrogatori di imprenditori che smentirebbero Galan. Pierluigi Alessandri, all’epoca Ad della Sacaim costruzioni, avrebbe affermato di aver dato denaro Galan, per un totale di 115mila, per far lavorare la propria azienda nelle opere pubbliche, perché “purtroppo il sistema era questo”. Alessandri ha aggiunto che, su invito di Galan, avrebbe dato 30mila euro anche all’ex assessore Renato Chisso (tuttora in carcere), negando invece di aver mai dato soldi alla ex segretaria del ‘Doge’, Claudia Minutillo, grande accusatrice del politico di Fi. L’ex manager Sacaim ha parlato inoltre di un corrispettivo di 100mila euro con una sola fattura da 25mila euro, mai onorata, per lavori fatti dalla sua azienda fino al 2009 nella villa di Galan, a Cinto Euganeo (Padova). Contro Galan anche l’imprenditore Andrea Mevorach, il quale ai pm ha detto di aver respinto le richieste di denaro che Galan gli avrebbe fatto in un incontro. “Non fare il furbo, sai bene di cosa parlo, la politica va aiutata” è la frase che secondo Mevorach Galan gli avrebbe detto. Mevorach interruppe i rapporti con l’ex governatore, al quale – ha sostenuto – non avrebbe pagato neanche un centesimo, così come non avrebbe dato denaro né a Chisso né alla Minutillo. Mevorach compare nella memoria in cui Galan ha inserito una lista di 10 imprenditori che lo avrebbero ‘aiutato’ in modo illecito nella campagna elettorale del 2005 (reati prescritti), anche se la maggior parte ha smentito ogni addebito. Nella giornata in cui il Riesame decideva l’immediato futuro del suo assistito, l’avv. Franchini si è recato in visita a Galan nel carcere di Opera. “Ci aspettavamo una decisione diversa che, almeno, riconoscesse i domiciliari – ha detto il legale – Finalmente è stata riconosciuta la prescrizione per l’80% dei presunti fatti, circostanza non considerata dal Gip, ed ora ci concentreremo su quelli residui”.