Il giorno dopo il verdetto della Cassazione è il giorno delle scuse che il capo della polizia Antonio Manganelli, dopo undici anni dalla notte di sangue della Diaz, rivolge ai cittadini “che hanno subito danni, ma anche a quelli che, avendo fiducia nell’Istituzione-Polizia, l’hanno vista in difficoltà per qualche comportamento errato ed esigono sempre maggiore professionalità ed efficienza”. “Orgoglioso di essere il capo di donne e uomini che quotidianamente garantiscono la sicurezza e la democrazia di questo Paese – ha aggiunto Manganelli – rispetto il giudicato della magistratura e il principio costituzionale della presunzione d’innocenza dell’imputato, fino a sentenza definitiva. Ora, di fronte al giudicato penale, è chiaramente il momento delle scuse”.
Subito è arrivato, dal Viminale, l’avvicendamento dei vertici colpiti dalle condanne. Mentre i legali dei big dell’investigazione, messi fuori servizio dall’interdizione dai pubblici uffici, cercano la strada per evitare di fargli scontare in carcere la pena che residua dal condono di tre anni. Il prefetto Gaetano Chiusolo è stato nominato al posto di Francesco Gratteri a capo della Direzione Centrale Anticrimine e Maria Luisa Pellizzari, prima donna a raggiungere questa posizione, guiderà il Servizio Centrale Operativo al posto di Gilberto Caldarozzi. Giovanni Luperi, da ieri sera, ha preso atto della sentenza della Cassazione e si è messo in pensione lasciando la guida del dipartimento analisi dell’Aisi. In realtà, uscire dalla polizia e abbandonare gli incarichi e il lavoro di una vita è l’unica cosa che possono fare i dirigenti falcidiati dalla decisione della Suprema Corte. Lo ha spiegato l’avvocato Gilberto Lozzi. “E’ una sentenza molto amara della quale aspetto di conoscere le motivazioni per commentarla – ha sottolineato – ma si tratta, purtroppo, di una decisione irrevocabile dagli effetti immediati e tra questi c’é l’operatività dell’interdizione dai pubblici uffici. Significa, ad esempio che Caldarozzi, uno degli uomini che hanno catturato Provenzano, è ora fuori dalla polizia e paga per un pestaggio vergognoso del quale non ha responsabilità”. “Non ritengo – prosegue l’avvocato – che la Cassazione abbia deciso bene, anche per quanto riguarda la mancata concessione delle attenuanti a funzionari dai così tanti meriti”. Quanto allo stato d’animo dei poliziotti sanzionati, “hanno appreso nello sgomento più totale del verdetto, e lo vivono come se si trattasse di un fatto totalmente estraneo alla loro vita”, ha dichiarato l’avvocato Valerio Corini che in questi dieci anni ha difeso tutti i ‘big’. “Non si sentono colpevoli: per venti anni hanno rischiato la vita a caccia di brigatisti e mafiosi e sono increduli. Hanno firmato i verbali sulla Diaz credendo nella buona fede di chi li aveva scritti, mai si sarebbero sognati di coprire chi ha riempito di botte novanta ragazzi”. “Ho incontrato a Roma Gratteri, Caldarozzi, Ciccimarra, Gava, Ferri, Mortola: sono decisi a fare ricorso a Strasburgo – spiega Corini – per denunciare la violazione del diritto di difesa perché in appello non sono stati riascoltati i testimoni, cosa che era necessaria, in base ai canoni della giustizia comunitaria, perché in primo grado c’era stata l’assoluzione”. Nel loro futuro professionale, la strada più probabile è quella di prestare consulenza alle aziende private come esperti della sicurezza. Intanto, però, devono fare domanda alla magistratura di sorveglianza per ottenere l’affidamento ai servizi sociali per il residuo di pena escluso dal condono di tre anni del quale tutti godono. Il periodo varia da un anno a sei mesi. Se questa strada non fosse percorribile, il piano ‘b’ prevede la reclusione agli arresti domiciliari introdotta dalla legge ‘svuotacarceri’ del ministro Severino.