Ergastolo per Salvatore Parolisi. Il caporalmaggiore dell’Esercito, giudicato con rito abbreviato, e’ stato condannato al massimo della pena, con isolamento diurno, per l’omicidio della moglie, Melania Rea, assassinata con 35 coltellate il 18 aprile 2011 sul Colle San Marco di Ascoli Piceno.
A emettere la sentenza, accogliendo in toto la richiesta dei pm Greta Aloisi e Davide Rosati, il gup Marina Tommolini al termine di quasi quattro di camera di consiglio. A Parolisi il Gup ha comminato anche tutte le sanzioni accessorie, compresa la perdita della patria potesta’ genitoriale, stabilendo inoltre il pagamento di una provvisionale di un milione a favore della figlia Vittoria e du 500mila euro per i genitori di Melania. Doccia fredda, dunque per la difesa, rappresentata dagli avvocati Valter Biscotti e Nicodemo Gentile, che oggi avevano chiesto per il loro assistito l’assoluzione piena. Giubbotto nero e jeans, Parolisi, a quanto riferito dai presenti, e’ apparso imperturbabile in aula, dove il processo si e’ tenuto comunque a porte chiuse. Unico momento di commozione quando il suo avvocato ha fatto cenno alla figlia, la piccola Vittoria, che l’uomo non vede ormai dal momento dell’arresto, nel luglio 2011. E’ il 18 aprile 2011 quando Carmela Melania Rea, 29 anni, scompare sul Colle San Marco di Ascoli Piceno, dov’era andata per trascorrere qualche ora all’aria aperta insieme al marito, Salvatore, militare del 235esimo Reggimento Piceno, e alla loro bambina di 18 mesi. Secondo quanto verra’ riferito da Parolisi, l’unico in grado di confermare questa circostanza, la donna si allontana per andare in bagno in uno chalet. Nessuno pero’, si apprendera’ in seguito, l’ha mai vista entrare. E’ lo stesso marito di Melania, trascorsi una ventina di minuti, a dare l’allarme: Parolisi, non vedendo rientrare la moglie, chiama i soccorsi e fa scattare le ricerche. Il suo corpo viene scoperto due giorni dopo, il 20 aprile, in seguito alla telefonata anonima di un uomo che, intorno alle 14.30-15.00, avverte il 113 da una cabina telefonica pubblica del centro di Teramo ma che non verra’ mai rintracciato. La salma di Melania viene ritrovata in un bosco di Ripe di Civitella, nel teramano, a circa 18 chilometri di distanza da Colle San Marco, poco lontano dalla localita’ chiamata Casermette, dove si svolgono esercitazioni militari di tiro. Presenta ferite di arma da taglio e una siringa conficcata sul suo corpo. L’autopsia, eseguita dal medico Adriano Tagliabracci, appurera’ che Melania e’ stata uccisa con 35 coltellate, ma non vengono trovati segni di strangolamento e nemmeno di violenza sessuale. Accanto al corpo di Melania viene trovato il suo cellulare con la batteria scarica. Poi viene ritrovata anche un’altra sim card. Il segnale del cellulare sarebbe stato attivo fino alle 19 circa. Poi, non si hanno piu’ segnali. Parolisi non viene da subito iscritto nel registro degli indagati. L’avviso di garanzia gli viene notificato il 29 giugno dello scorso anno, a piu’ di tre mesi dall’omicidio della moglie Melania. L’arresto arriva invece quasi un mese dopo: a chiederlo il procuratore di Ascoli Piceno Michele Renzo e il sostituto Umberto Monti. A disporlo il gip Carlo Cavaresi, che il 19 luglio lo fa arrestare. Per il primo giudice che lo spedisce dietro le sbarre, Parolisi avrebbe ucciso la moglie Melania Rea a causa della situazione che si era crea ta con l’amante, la soldatessa Ludovica Perrone. La misura cautelare in carcere verra’ confermata dalla Corte di Cassazione il 28 novembre del 2011: a 7 mesi dal delitto la prima sezione penale della Suprema Corte respinge il ricorso presentato dalla difesa del caporal maggiore che chiedeva di ribaltare l’ordinanza del Tribunale del Riesame dell’Aquila. Giudicato con rito abbreviato, concesso il 12 marzo scorso dal giudice Marina Tommolini, Parolisi oggi e’ stato.