Non solo Tar e Antitrust. A due mesi dal previsto avvio dei lavori, annunciati per marzo, sull’accordo per il restauro del Colosseo siglato un anno fa con il patron della Tod’s Diego Della Valle indagano la Procura della Repubblica di Roma e la Corte dei Conti, che hanno aperto un fascicolo sulla base di un esposto presentato dalla Uil. Un’indagine ancora ai primi passi, al momento senza ipotesi di reato.

Anche se nel caso, si apprende da Piazzale Clodio, la procura di Roma, potrebbe configurare l’ipotesi di abuso d’ufficio. Al vaglio degli inquirenti i termini dell’intesa siglata dall’allora commissario straordinario per l’archeologia di Roma Roberto Cecchi, che oggi è sottosegretario al ministero dei Beni Culturali e che firmò l’accordo insieme con la soprintendente Anna Maria Moretti. Cecchi, che già qualche giorno fa, quando il Codacons rese noti i rilievi dell’Antitrust, si era detto convinto della validità dell’operazione, non cambia atteggiamento: “Sono sereno e convinto di aver agito nell’interesse pubblico”, dice. Ma per il governo Monti, dopo la vicenda che ha portato ieri alle dimissioni del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Carlo Malinconico, si potrebbe profilare una nuova grana da sbrogliare. Aperta sulla base dell’esposto presentato la scorsa primavera della Uil dei beni culturali, l’indagine della Procura è affidata alla pm Maria Letizia Golfieri, il fascicolo porta il numero 51108. Un altro analogo fascicolo è stato aperto alla Corte dei Conti. Il sindacato, che già dai giorni subito successivi alla firma con Della Valle aveva stigmatizzato l’accordo accusando il ministero di aver “dismesso” il monumento icona del patrimonio italiano, è stato ascoltato settimane fa. Nei prossimi giorni, invece, dovrebbe arrivare il turno del sottosegretario Cecchi. Lui spiega di non aver avuto ancora comunicazioni al riguardo, ma ribadisce fiducia nell’azione giudiziaria e piena disponibilità: “Non ho ricevuto alcuna comunicazione, ma qualora le ricevessi collaborerò con il massimo impegno”, assicura, “sono convinto che con tutta l’amministrazione abbiamo agito con la massima correttezza per l’interesse pubblico”. Meno sereno il sindaco di Roma Gianni Alemanno, che già nei giorni scorsi aveva usato toni duri a difesa dei restauri previsti per l’Anfiteatro Flavio e che oggi torna a tuonare contro quella che definisce “un’ operazione continua, vergognosa, che fa saltare la sponsorizzazione per restaurare il monumento più importante del mondo”: “Lasciateci restaurare il Colosseo – dice Alemanno – Cosa volete fare? Volete farlo cadere a pezzi? A furia di Tar, Antitrust, Procure, Corte dei conti? Vogliamo far sì che il consorzio privato si riprenda i 25 mln di euro e ci saluti?”. Il sindacato insiste con i dubbi sull’accordo ma non ci sta a passare per chi non vuole il restauro. Per sottolinearlo interviene anche la Uil Nazionale, insieme con la sezione di Roma e del Lazio: “Anzi, bisognerebbe preoccuparsi di trovare altri finanziatori privati per il restauro e la cura di altri monumenti e di altri siti archeologici, a partire, ad esempio, da quello di Pompei”. Il problema, chiarisce la parte di sindacato che ha firmato l’esposto, “non è il gruppo Tod’s, che ha fatto bene il proprio mestiere, ma la pubblica amministrazione che a nostro giudizio ha commesso un grave errore di valutazione”. In una parola si poteva ottenere di più. Anche senza sponsor: “Le risorse per il Colosseo- conta la Uilbac -potevano essere 8 volte i 25 milioni se solo si fosse ad esempio, prolungato l’ orario di apertura aumentando il biglietto di un solo euro”.

 

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