L’ultimo bilancio ufficiale provvisorio della sicurezza algerina porta a 48 il numero degli ostaggi morti nell’attacco all’impianto di In Amenas. Oggi le truppe algerine hanno trovato i corpi di 25 ostaggi che si aggiungono ai 23 del bilancio precedente.
Con i 32 sequestratori uccisi il bilancio sfiora cosi’ gli 80 morti. Anche se l’attivita’ non e’ ripresa, il sito gasiero di In Amenas e’ stato animato per tutta la giornata. Ma, a girare in tondo, a infilarsi sotto tubature e ad andare in cima a quelli che sembrano silos, non sono operai, ma soldati, armati di tutto punto, seguiti dai tecnici. Sono le squadre che, ufficialmente, stanno bonificando il sito, nel quale potrebbero celarsi ancora degli ordigni dei quali i terroristi di Moctar Belmoctar hanno detto di avere disseminato l’area.
Che, dicono alcune fonti, sta restituendo ancora dei cadaveri, oggi 48. Ma quel che ha fatto intuire stamani il ministro dell’Informazione algerino, Mohamed Said, e’ che ci possano essere degli altri corpi, quelli degli ostaggi che ancora mancano all’appello. Perche’, ha detto Said con voce grave ai microfoni della radio nazionale, il bilancio del ministero dell’Interno fornito ieri (23 ostaggi e 32 terroristi morti) potrebbe essere inesatto, ma per difetto. Una situazione oggettivamente strana, in cui alle dichiarazioni centellinate del governo algerino (e nel totale silenzio del presidente Bouteflika, che nelle ultime ore ha parlato solo per augurare le migliori fortune alla squadra nazionale di calcio impegnata in Coppa d’Africa) fanno da contraltare notizie che, al di la’ delle loro fonte e delle conferme che mancano, guadagnano le prime pagine.
Come quella del ritrovamento di 48 cadaveri nel sito di In Amenas, dove sarebbero stati catturati alcuni dei terroristi che avevano tentato di nascondersi. In tutto questo giunge la prima esternazione del ”regista” dell’assalto, l’emiro Moctar Belmoctar, capo della brigata di ”coloro che firmano col sangue”, che ha inviato un suo video a Sahara Media, agenzia mauritana che viene spesso utilizzata dai gruppi islamici armati come cassa di risonanza. Belmoctar, a capo scoperto (cosa che, ovviamente, non faceva quando la sua brigata si chiamava ”gli inturbantati”), senza armi e con addosso un giaccone mimetico, ha spiegato cosa lo abbia spinto all’azione di In Amenas che, ha rimarcato in due passaggi, e’ stata compiuta ”in nome di Al Qaida”.
Affermazione sorprendente – Belmoctar e’ stato espulso da Aqmi negli ultimi mesi dello scorso anno – ma nemmeno tanto, perche’ segna un’ulteriore differenziazione rispetto al capo di al Qaida nel Maghreb islamico, Abdelmalek Droukdel, che tradizionalmente evita di mostrarsi un pubblico o di fare dichiarazioni. Al di la’ del comune interesse – andare contro l’Occidente, che osa attaccare gli jihadisti in Mali e i suoi alleati in Africa – potrebbe essere un nuovo capitolo della lotta che da mesi si e’ aperta nella filiale maghrebina della galassia oggi guidata dal medico egiziano al Zawahiri. Belmoctar ha spiegato il suo gesto con la volonta’ di punire l’Algeria per l’ok al sorvolo dei jet francesi, e anche gli Stati Uniti, che tengono sepolto in una prigione federale, e lo faranno sino alla fine dei suoi giorni, Omar Abderrahmane, lo sceicco cieco che avrebbe progettato l’attentato al Wtc di New York del ’93.
Un proclama fatto guardando, con lo sguardo sbilenco (l’occhio sinistro lo ha perso combattendo contro gli spetnatz sovietici) dritto in una telecamera fissa e ammonendo il suo virtuale uditorio ad ascoltarlo con attenzione. Intanto in tutto il mondo continuano le prese di posizioni di quelli che, e restano in maggioranza, si chiedono ancora se ci fossero alternative ai sanguinosi raid algerini. Ma i governanti di Algeri incassano il plauso dei loro concittadini, che hanno appoggiato la linea dura. E questo evidentemente, a chi governa l’Algeria, basta.