La polizia birmana ha aperto il fuoco oggi contro alcune migliaia di manifestanti dell’etnia Rohingya – una minoranza musulmana oggetto di enormi discriminazioni nel Paese – che manifestavano nello stato Rakhine (o Arakan), al confine con il Bangladesh, dove alcuni giorni fa 10 musulmani sono stati linciati da una folla buddista. La sparatoria, secondo quanto detto da un responsabile della polizia all’Afp, ”al momento” non ha causato vittime.
Il sito del giornale birmano Weekly Eleven, da parte sua, ha riportato che la polizia e’ intervenuta dopo che i manifestanti ”hanno iniziato ad appiccare incendi alle case vicino al municipio” della citta’ di Maungdaw, costringendo alla fuga diversi residenti. Le tensioni tra la maggioranza buddista e la minoranza musulmana nella regione, latenti da anni ma mai sopite, sono esplose nell’ultima settimana, dopo l’assalto a un autobus di passeggeri musulmani avvenuto domenica sempre nello stato Rakhine da parte di un gruppo di buddisti che cercavano vendetta dopo l’omicidio con stupro di una donna avvenuto una settimana prima, per il quale due dei tre sospettati sono musulmani. Le autorita’ di Naypyidaw hanno ordinato l’apertura di un’inchiesta su tali fatti. Quell’aggressione ha provocato la protesta pacifica di decine di musulmani nell’ex capitale Rangoon. I commenti razzisti e islamofobici di molti lettori buddisti della maggioranza Bama (i due terzi della popolazione) di fronte alla notizia di quella manifestazione e alle foto del massacro sui giornali online hanno evidenziato le crescenti tensioni e il risentimento verso i ”kalar”, come vengono chiamati con disprezzo i musulmani (il 4 per cento della popolazione), gran parte dei quali stabilitisi in Birmania all’epoca della colonizzazione britannica. I 750 mila Rohingya presenti nel Paese – di origine incerta, e divisi tra la Birmania e il Bangladesh – soffrono di ulteriori discriminazioni, non godendo nemmeno del diritto di cittadinanza.