Paolo Bosusco non corre alcun pericolo imminente ed i suoi rapitori hanno manifestato oggi per la prima volta la chiara volontà di rilasciarlo, sia pure attraverso un non ben comprensibile “processo democratico”. Un meccanismo che implica, sostiene il loro leader Sabyasachi Panda, “l’impegno del governo dell’Orissa a fare altri sforzi per migliorare le condizioni delle popolazioni tribali”.

Nell’ennesimo audiomessaggio di una lunga serie inviata ai media indiani, Panda questa volta ha confermato di aver ricevuto il documento firmato dai cinque mediatori (tre del governo e due designati da lui), approvando alcune iniziative adottate dall’Orissa nel corso della trattativa. Tuttavia ha anche sottolineato atteggiamenti del ‘chief minister’ Naveen Patnaik da lui non condivisi, come la proibizione ad operare disposta nei confronti di organizzazioni politiche fiancheggiatrici dei maoisti – ad esempio la battagliera Cmas, che si batte per il recupero delle terre tribali – e l’eccessiva protezione data agli agenti di polizia macchiatisi di crimini contro i diritti umani. In particolare Panda si scaglia contro l’Associazione della polizia dell’Orissa che ha minacciato di sospendere il presidio delle zone infiltrate dai maoisti, sostenendo che essa “dovrebbe vergognarsi, più che protestare, per le numerose violazioni dei diritti umani commesse dai suoi membri”. Nel messaggio non si precisa come, dove e quando Bosusco potrebbe essere liberato, anche se si assicura che “il processo potrebbe essere ulteriormente facilitato se il governo desse la sua disponibilità a venire incontro ad alcune delle 13 richieste avanzate” in un documento diffuso dai maoisti al momento del sequestro del tour operator italiano operante a Puri. Il leader dei rapitori ad un certo punto lascia anche capire che Bosusco ha manifestato una qualche solidarietà con le rivendicazioni dei maoisti chiedendo, assicura, “di non essere rilasciato fino a quando non recuperi la libertà una detenuta militante in carcere da tempo dopo essere stata violentata”. L’incertezza sui tempi del rilascio dell’italiano, legata al fatto che le autorità non intendono violare la legge per facilitarlo, ha fatto risorgere l’ipotesi che un progetto alternativo potrebbe essere quello di una azione di forza per sottrarre l’ostaggio ai suoi rapitori, con i rischi però che ciò comporterebbe. Per scongiurare questo, l’ambasciatore d’Italia in India, Giacomo Sanfelice, che si trova a Bhubaneswar per seguire gli sviluppi della vicenda, ha avvicinato le autorità dell’Orissa che lo hanno rassicurato. “Ho parlato oggi con il capo di gabinetto del ‘chief minister’ Naveen Patnaik – ha detto all’ANSA – il quale mi ha categoricamente escluso che vi siano preparativi di alcun genere riguardanti operazioni speciali nella zona dove si trovano i maoisti con Bosusco”. Questo dopo, ha concluso, che “gli ho ribadito la posizione del governo italiano per il quale l’incolumità dell’ostaggio è una priorità assoluta”.

 

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