Nel tentativo di combattere le ”voci” che si diffondono su Internet, la Cina ha chiuso 42 siti web a partire dalla meta’ del mese scorso. Lo afferma l’ agenzia Nuova Cina. I ”rumors” si sono moltiplicati con l’ esplodere della vicenda di Bo Xilai, l’ ambizioso leader del Partito della metropoli di Chongqing che e’ stato rimosso in marzo dopo la fuga in una sede diplomatica americana del suo braccio destro Wang Lijun.

Martedi’ scorso, le autorita’ hanno annunciato che la moglie di Bo, Gu Kailai, e’ ”fortemente sospettata” per l’ omicidio di un uomo d’ affari britannico. L’ uomo, il 41enne Neil Heywood, e’ stato trovato morto in circostanze misteriose in novembre in un albergo di Chongqing. Tre le altre, per alcune ore si e’ diffusa nei giorni scorsi la voce – risultata in seguito del tutto infondata – che i sostenitori di Bo Xilai nel Partito e nell’ esercito avevano organizzato un colpo di Stato. Tra i siti chiusi una ventina erano gestiti da esponenti dell’ estrema sinistra che sostenevano entusiasticamente il leader caduto in disgrazia. Attualmente i protagonisti del dramma – Bo Xilai, Wang Lijun e Gu Kailai – sono detenuti. Le ragioni che hanno portato alla rimozione di Bo non sono finora state spiegate.

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