Ancora sangue in Egitto, a una settimana dalle prime elezioni dell’era post-Mubarak. Dopo un fine settimana di scontri, questa mattina sono riprese le violenze in Piazza Tahrir, dove in migliaia si sono radunati per esprimere le loro collera contro il permanere dei militari al potere. Attivisti e fonti mediche parlano di oltre 40 morti da sabato, anche se il bilancio ufficiale si ferma a 22.
Oltre 1.800 i feriti, mentre le forze di sicurezza hanno arrestato, solo questa mattina, 39 manifestanti. In un clima che riporta alla memoria le immagini della rivolta contro l’ex rais Hosni Mubarak, il ministro della Cultura, Emad Abu Ghazi, ha annunciato formalmente le sue dimissioni, in segno di protesta contro il governo per quanto avvenuto nelle ultime ore. E in serata la notizia che l’intera squadra di governo ha presentato le sue dimissioni al Consiglio supremo delle Forze armate. L’annuncio e’ arrivato dal portavoce del Consiglio dei ministri, Muhammad Hegazy, in una conferenza stampa al Cairo in cui ha spiegato che gli incarichi dei ministri sono stati messi a disposizione del Consiglio supremo gia’ da ieri. Alla luce della situazione di emergenza, il governo manterra’ le sue funzioni fino a che i militari non si saranno pronunciati. Hagazy ha espresso “rammarico” a nome dell’esecutivo per i tragici avvenimenti dei giorni scorsi. Manifestanti e forze di sicurezza si scambiano accuse per le nuova giornata di violenze. Fonti citate dalla tv al-Arabiya hanno accusato “giovani a bordo di moto” di aver lanciato Molotov contro i militari, mentre per il movimento ‘6 aprile’ a provocare gli incidenti sono stati gli uomini dell’esercito, perche’ “i manifestanti rispettavano la tregua decisa ieri sera”. Per le tv satellitari il ricorso alla forza da parte delle forze di sicurezza e’ scattato quando i manifestanti hanno cercato di marciare verso il ministero degli Interni. In piazza, ha spiegato ad AKI-ADNKRONOS INTERNATIONAL Mohamed El-Beltagy, esponente del partito Liberta’ e Giustizia dei Fratelli Musulmani, si sono dati appuntamento “gli attivisti di 35 partiti e movimenti egiziani”, per creare uno “scudo umano a difesa dei manifestanti”. “La colpa degli ultimi scontri – ha affermato El-Beltagy – e’ tutta delle forze di sicurezza, perche’ sono stati gli agenti ad attaccare per primi”. Le violenze non sembrano destinate a placarsi a breve. I 35 partiti e movimenti egiziani hanno convocato per domani pomeriggio una manifestazione di “milioni” di persone. “Il ricorso alla forza da parte della polizia indica che il Consiglio supremo delle Forze armate e’ alla guida del movimento contro la rivoluzione in Egitto e ha fallito in questa fase di transizione”, si legge in una nota diffusa dalle 35 formazioni dopo una riunione nella sede del Cairo del sindacato dei giornalisti.Nella nota si chiede al Consiglio di “cedere il potere a un governo di salvezza nazionale, che abbia i poteri per gestire la fase di transizione, soprattutto per quanto riguarda la sicurezza e l’economia, e di definire un calendario preciso per il trasferimento dei poteri a un presidente eletto”. I gruppi chiedono anche la “riforma del ministero dell’Interno, lo scioglimento della polizia antisommossa, garanzie per processare tutti coloro hanno le mani sporche di sangue, processi contro coloro che sono dietro le aggressioni ai civili dal 25 gennaio fino alla strage del 19 e 20 novembre”. Nel mirino degli attivisti ci sono in particolare il ministro degli Interni, Mansour Essawy, e quello dell’Informazione, Osama Heikal. I 35 partiti hanno presentato contro di loro una denuncia alla Procura generale del Cairo. Mohamed El-Beltagy, esponente del partito Liberta’ e Giustizia, ha spiegato ad AKI che El-Beltagy e’ “accusato delle uccisioni di manifestanti”, mentre Heikal e’ “accusato di essere responsabile delle notizie fuorvianti che arrivano all’opinione pubblica”. “La tv di Stato – ha detto – sta diffondendo informazioni false, e’ tornata all’era di Mubarak”. Non e’ servita a placare la rabbia della folla neanche l’approvazione della legge contro la corruzione nella vita politica, attesa da tempo, che impedisce ai politici del partito al potere durante il passato regime di candidarsi alle elezioni. La nuova legge prevede l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni per le persone condannate per corruzione e impedisce di fatto ai politici del Partito Nazional Democratico di candidarsi alle prossime elezioni politiche. “Il primo responsabile per questa situazione di violenza e’ il Consiglio supremo delle Forze Armate, che ha ammesso che non puo’ governare il Paese”, ha tuonato il candidato alla presidenza, Mohamed ElBaradei, secondo il quale non molto e’ cambiato dalla Rivoluzione del 25 gennaio e in molti casi le Forze Armate hanno semplicemente assunto il ruolo di Mubarak, usando anche lo stesso linguaggio. “Parlare di agenda estera e di agenti, per esempio, e’ esattamente quello che Mubarak usava dire per screditare alcuni movimenti”, ha detto. E intanto proprio la sede del partito di ElBaradei, l’Assemblea nazionale per il cambiamento, e’ stata colpita da un incendio che l’ha distrutta. Secondo testimoni, sono state le forze di sicurezza ad aver provocato l’incendio all’edificio, oggetto del lancio di gas lacrimogeni. Altri testimoni citati dal sito del quotidiano Youm7 hanno aggiunto che i militari hanno cercato di impedire ai vigili del fuoco di raggiungere la sede del partito per domare le fiamme. Dalla Lega Araba e’ arrivato un invito alle forze politiche egiziane affinche’ “lavorino per riportare la calma” in Piazza Tahrir. In un comunicato la Lega Araba ha espresso “profonda preoccupazione” per l’escalation di violenza di questi giorni e ha auspicato una ripresa del “processo di cambiamento democratico sulla base dei principi di dignita’, liberta’ e giustizia sociale su cui e’ fondata la rivoluzione del 25 gennaio”. Ma non son mancati gli appelli di segno del tutto opposto. Come quello del predicatore salafita e candidato alla presidenza Hazem Abu Ismail, che ha invitato i suoi sostenitori a partecipare alle proteste fino al “raggiungimento degli obiettivi della Rivoluzione di gennaio”. Nei giorni scorsi Abu Ismail era stato criticato per non aver partecipato al sit-in che lui stesso aveva organizzato dopo la manifestazione di massa di venerdi’. Lui e i suoi sostenitori sono stati accusati di abbandonare le famiglie delle vittime e dei manifestanti feriti durante le rivolte di gennaio, che hanno portato alla deposizione di Mubarak. Tra i candidati alla presidenza, Abu Ismail e’ senza dubbio quello che usa i toni piu’ accesi nei confronti del Consiglio supremo delle Forze Armate.