Mentre il presidente Shimon Peres avviava le prime consultazioni sulla formazione del prossimo governo, per adesso solo informali, dietro le quinte del mondo politico israeliano sono proseguite a ritmo serrato le trattative tra la destra, guidata dal premier uscente Benjamin Netanyahu, e il centro dell’esordiente Yesh Atid, partito ‘inventato’ appena nove mesi fa dalla star televisiva Yair Lapid, l’uno e l’altro le vere e proprie sorprese delle elezioni anticipate di martedi’ scorso.
Il compito di Netanyahu si e’ fatto appena un poco meno arduo dopo che i risultati completi e definitivi hanno fatto svanire il clamoroso pareggio, sessanta seggi ciascuno, che si era profilato tra i due principali schieramenti alla Knesset, il Parlamento monocamerale dello Stato ebraico: in virtu’ anche dello spoglio delle ultime schede mancanti, quelle relative a militari e detenuti, un seggio in piu’ e’ stato assegnato ai sionisti di HaBayit HaYehudi, cioe’ ‘Casa Ebraica’, il partito dei coloni piu’ intransigenti capitanato da Naftali Bennett che passa da undici a dodici deputati. A farne le spese e’ stata Ram-Taal, la Lista Araba Unita, che scende da cinque a quattro. Il blocco conservatore conta adesso 61 seggi su un totale di 120, mentre al centro-sinistra ne restano 59. Per l’outsider Lapid, che e’ riuscito a fare della sua quasi neonata creatura la seconda forza rappresentata alla Knesset, secondo i mass media israeliani si profila comunque un incarico di grande prestigio: potrebbe addirittura vedersi offrire il portafoglio degli Esteri al posto di Avigdor Lieberman, l’ultra-nazionalista il cui Yisrael Beiteinu ha fatto coalizione con il Likud di Netanyahu, solo per raccogliere un risultato assai inferiore alle attese, sebbene confermandosi la lista con il maggior numero di deputati. “Il ministero degli Esteri non e’ legalmente registrato a mio nome”, ha ironizzato suo malgrado Lieberman in un’intervista rilasciata alla radio dell’Esercito. Dimessosi dalla guida della diplomazia d’Israele un mese fa, dopo essere stato incriminato per frode e abuso di fiducia, il numero uno di Yisrael Beiteinu ha ammonito di essere intenzionato a recuperare il dicastero che fu suo. Non l’ha affermato in modo esplicitamente, ma tra le righe ha evocato il patto stretto con Netanyahu al momento di unire i ranghi: al premier la conferma a capo dell’esecutivo; all’alleato, appunto, gli Esteri.