Il richiamo della Bce in tema di accorpamento delle Province ha riacceso i riflettori su un tema da tempo nell’agenda di Parlamento e governo ed è stato salutato positivamente dall’Upi. Ma la strada percorsa dai progetti di riforma è arrivata apparentemente a meta con l’art. 23 del decreto legge 201, il cosiddetto ‘Salva Italia’, che assegna alle Province funzioni di indirizzo politico e di coordinamento delle attività dei Comuni.
Il tema continua a essere però quello della loro cancellazione, il cui iter era cominciato a maggio 2010 in occasione della messa a punto della Finanziaria, quando si era ipotizzata l’abolizione delle Province con meno di 220 mila abitanti. Ormai da anni il futuro delle Province è rimasto in bilico tra una serie numerosa di provvedimenti: come l’articolo 15 del decreto legge 138 del 13 agosto 2011, che prevedeva la soppressione delle Province con più di 300 mila abitanti e il divieto di istituire nuove Province in Regioni con meno di 500 mila abitanti. Prevedendo contestualmente un trasferimento alle Regioni delle funzioni delle Province soppresse. Ma poi si è ripartiti da zero con lo stop dato all’articolo 15 deciso con la legge 148 di settembre 2011 che ha convertito il decreto 138. Nello stesso mese Palazzo Chigi ha inviato alla Conferenza delle Regioni un ddl costituzionale (‘Soppressione degli enti intermedì), strumento accolto da subito con favore, soprattutto dai diretti interessati, che avevano criticato lo strumento della decretazione d’urgenza. Tutto annullato anche in questo caso, visto che a dicembre scorso il tema della cancellazione delle Province è tornato in un ddl, il 201 appunto. Come è noto, il testo prefigura un organo istituzionale di secondo livello, conferendo alla Provincia soltanto le funzioni di indirizzo politico e di coordinamento della attività dei Comuni nelle materie e nei limiti indicati con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze. Il richiamo della Bce (accorpare le Province “sarebbe l’unica, vera misura di taglio dei costi della politica”) è stato accolto con favore dal’Upi. “Sono mesi – ha detto il presidente dell’organizzazione Giuseppe Castiglione – che ribadiamo che l’unica riforma possibile è la razionalizzazione delle Province, l’accorpamento degli uffici periferici dello Stato, il taglio delle società e degli enti strumentali. Oggi la Bce non fa che attestare che la proposta dell’Upi è la più innovativa e efficace. Forse adesso qualcuno ci darà ascolto”. A dar man forte all’Upi interviene anche il presidente della Lega Umberto Bossi che precisa da Thiene: “le Province sono utili anche se c’é chi le vuole togliere a tutti i costi”. A chi gli ricordava il sollecito in tal senso lanciato dalla Bce Bossi ha replicato: “la Bce non mi pare una grande autorità nel merito delle istituzioni del nostro Paese. Invece con Monti – ha proseguito – c’é da preoccuparsi. Le Province non costano niente: quindi toglierle vorrebbe dire togliere un pezzo di organizzazione del territorio”. Il progetto complessivo di accorpamento consentirebbe addirittura 5 miliardi di risparmi, spiega il vicepresidente dell’Upi Antonio Saitta, secondo il quale la proposta della Bce “si sposa perfettamente con quella lanciata dal ministro Cancellieri che prevede la razionalizzazione degli Uffici periferici dello Stato”. D’accordo anche Guido Podestà, presidente della Provincia di Milano, che valuta positivamente l’esortazione della Bce perché “non prevede una cancellazione indiscriminata”. Contro corrente il leader Idv Antonio Di Pietro, che risponde alla Bce spiegando che “per eliminare veramente gli sprechi della politica è necessaria l’abolizione delle Province”.