Il presidente americano Barack Obama ieri ha incontrato una crescente pressione da parte del presidente russo Vladimir Putin e di altri leader mondiali sulla decisione di lanciare o meno raid militari contro la Siria per il timore che possano danneggiare l’economia globale e fare salire i prezzi del petrolio. Al G20 a San Pietroburgo Putin ha salutato Obama con freddezza, un chiaro segno della tensione legata alle divergenze sulla risposta da dare all’attacco con armi chimiche in Siria.
Sorriso di circostanza anche per Obama prima dell’inizio dei colloqui a cena sull’economia mondiale e sulla Siria. Il primo round al vertice se l’è aggiudicato Putin: la Cina, l’Unione Europea, le economie emergenti del Brics e Papa Francesco in una lettera mettono tutti in guardia dai pericoli di un intervento militare senza l’approvazione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Da parte sua il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha detto ai leader a cena che un’eventuale azione militare deve avere il sostegno del Consiglio di Sicurezza. “Ricordiamoci: ogni giorno che perdiamo è un giorno in cui tanti civili muoiono”, ha detto Ban, come riferito dal suo ufficio. “Non c’è soluzione militare”. Obama ritiene il regime di Bashar al-Assad responsabile dell’attacco chimico nell’area di Damasco che lo scorso 21 agosto è costato la vita a 1.400 persone. Mosca dice che il presidente Usa non ha provato l’accusa, e sostiene che la responsabilità potrebbe essere dei ribelli. Obama ha chiesto al Congresso Usa di approvare un’azione militare, e la Francia si è detta pronta a sostenere un eventuale intervento americano.