A sette anni di distanza dai fatti, un accordo extragiudiziale ha messo fine ad una causa legale intorno ad una delle piu’ drammatiche e significative vicende della guerra in Iraq: il linciaggio subito a Falluja da quattro contractor della controversa societa’ di sicurezza privata americana Blackwater, i cui corpi vennero poi scempiati, e due anche appesi ad un ponte di ferro sull’Eufrate.
Un anno dopo, le famiglie delle quattro vittime avevano avviato un’azione legale contro la Blackwater, accusandola di aver mandato allo sbaraglio i suoi uomini, senza fornire loro equipaggiamenti adeguati, e quindi di essere responsabile della loro morte, avvenuta il 31 marzo del 2004 quando ormai Falluja era diventata uno dei piu’ violenti centri dell’insurrezione sunnita e un noto ‘covo’ di attivisti di al Qaida. Quel giorno i quattro contractor erano di scorta ad un convoglio di camion di rifornimenti per le forze militari americane. All’ingresso in citta’, i loro suv, che non erano blindati, vennero accerchiati da una folla inferocita e furono rapidamente sopraffatti. Le immagini dei loro corpi carbonizzati e mutilati fecero il giro del mondo, suscitando orrore e sdegno. L’allora presidente americano George W. Bush ordino’ poi un assalto a Falluja, per stanare gli insorti e i terroristi. Ne venne fuori una battaglia andata avanti per mesi, a volte strada per strada, a volte a colpi di artiglieria pesante e bombardamenti aerei. Il risultato furono molte centinaia di morti, mentre parte della citta’ fu di fatto rasa al suolo. Con la loro azione legale, le famiglie dei quattro contractor intendevano arrivare ad avere un processo pubblico, anche per poter creare un precedente per casi di questo tipo. La Blackwater – tristemente nota anche per lo scontro a fuoco che il 16 settembre 2007 coinvolse a Baghdad alcuni suoi contractor e in cui alla fine si contarono 17 iracheni morti – si e’ difesa affermando che i contractor privati sono divenuti parte integrante delle attivita’ militari e quindi le loro societa’ dovrebbero essere protette da azioni legali su eventuali perdite nei campi di battaglia, allo stesso modo in cui e’ protetto l’esercito. La societa’, che nel frattempo ha cambiato proprieta’ e nome (ora si chiama Academi) ha affidato la sua difesa ad un rinomato avvocato di Washington, Kenneth Star, noto per aver gestito le indagini sul presidente Bill Clinton, e ha portato il caso fino alla Corte Suprema. Le quattro famiglie, anche per la loro impossibilita’ di sostenere le enormi spese legali, hanno pero’ infine gettato la spugna e accettato un accordo i cui dettagli rimangono riservati. ”La fine del procedimento legale non e’ una sorpresa”, ha affermato Jason Helveston, fratello di uno dei quattro contractor, Scott Helveston, che era un ex Navy Seal. ”Era chiaro dall’inizio” che sarebbe finita cosi’, ha aggiunto, parlando di ”ingiustizia” e di ”persone malvagie” contro cui si puo’ solo ”pregare che Dio si occupi di loro”.