Nuove nubi all’orizzonte per il presidente americano Barack Obama: questa volta i problemi non vengono dalla crisi europea o dal rivale per la corsa alla Casa Bianca Mitt Romney, ma dagli ambientalisti. Il governo degli Stati Uniti ha infatti deciso di aprire nuove aree per l’estrazione del petrolio nel Golfo del Messico centrale (la prima volta dopo il disastro della marea nera nel 2010) e ha gia’ ricevuto offerte per 1,7 miliardi di dollari. Diversi gruppi di ambientalisti sono pero’ scesi immediatamente sul piede di guerra, e stanno cercando di bloccare la vendita con la presentazione di un ricorso. Ricorso basato sul fatto che l’affare mettera’ in grave pericolo un ecosistema gia’ gravemente danneggiato.
”Il governo sta giocando con il Golfo piuttosto che investire in forme di energia pulita e sicura che creino posti di lavoro senza mettere a rischio l’ambiente”, ha affermato ai media statunitensi Jaqueline Savitz, vice presidente per il Nord America di Oceana, uno dei cinque gruppi che hanno proposto l’azione legale. ”E’ una situazione che minaccia vite umane, industrie e l’ecosistema del mare”, ha aggiunto. Immediata la risposta dell’amministrazione Obama, che ha ribattuto di aver condotto una ”rigorosa analisi” sull’impatto della fuoriuscita di greggio dalla piattaforma Deepwater Horizon del gigante petrolifero Bp, prima di dare l’ok alla trivellazione in nuove aree. ”Questa vendita e’ una buona notizia per l’economia del Golfo del Messico, per i lavoratori, e portera’ risorse all’intero mercato”, ha chiosato il segretario all’interno americano Ken Salazar. I funzionari stimano che le aziende del settore saranno in grado di recuperare tra 800 milioni e 1,6 miliardi di barili di petrolio se le zone verranno completamente sviluppate. Il Dipartimento all’Interno ha messo in vendita oltre 39 milioni di acri di nuovi tratti, e ha ricevuto offerte per 2,4 milioni di acri.