Tradito da un amico. E’ questa la pista seguita agli investigatori per l’omicidio del boss della camorra di Secondigliano Gaetano Marino, avvenuto giovedì pomeriggio sul lungomare di Terracina, davanti allo stabilimento balneare Sirenella. Prende corpo anche l’ipotesi di una telefonata che l’uomo avrebbe ricevuto poco prima di muoversi dalla spiaggia e alla quale avrebbe risposto uno dei suoi uomini più fidati.
Qualcuno voleva che l’uomo si allontanasse dalla spiaggia per andare dove poi è stato ucciso e la voce doveva essere di una persona fidata. Certo è che l’ordine di uccidere, secondo gli investigatori, è partito da Napoli, proprio nell’ambito di quella guerra tra i clan di Secondigliano in cui Gaetano Marino, dopo l’arresto del fratello Gennaro, aveva assunto un ruolo di rilievo. Quando il boss, insieme al suo guardaspalle, è risalito dalla spiaggia sul marciapiede il killer ha sparato i colpi in rapida sequenza. Dieci, come confermato dall’autopsia, hanno raggiunto la vittima al torace e all’addome ma soprattutto al volto. L’ultimo, esploso da una distanza ravvicinata, alla nuca. Sul corpo nessun altro segno. I proiettili sono andati a segno e il boss non ha avuto neppure il tempo di difendersi. Altrettanto certo è che Gaetano Marino, uomo scrupoloso che non usciva mai da solo e che a Terracina stava trascorrendo le vacanze insieme alla famiglia, qui si sentiva sicuro. Soggiornava in albergo, frequentava i ristoranti, andava al mare nei rinomati stabilimenti come qualsiasi altro turista. Ma l’altra ipotesi seguita dagli investigatori è che i killer avessero organizzato proprio in zona una base logistica per preparare l’agguato e la fuga successiva. Gli investigatori della Squadra mobile di Latina hanno ascoltato gli uomini fidati di Marino, i familiari e i testimoni e perquisito la camera d’albergo dove la vittima soggiornava a Terracina.