Il fermo di 17 esponenti del clan di Camorra ‘Moccia’ è in corso in un’operazione congiunta di Polizia e Carabinieri nel Napoletano. I fermati sono indiziati d’associazione di tipo mafioso, porto abusivo di arma da fuoco ed estorsione, aggravati dalle finalità mafiose. Secondo le indagini, coordinate dalla Dda di Napoli, il gruppo si stava estendendo dal rione Salicelle di Afragola, a Casoria, Caivano, Crispano e Cardito, dopo una scissione che ha causato un conflitto interno al gruppo con alcuni omicidi. All’operazione, scattata all’alba a Napoli, Afragola e Casalnuovo di Napoli – si apprende dalla Questura e dal Comando provinciale dei Carabinieri del capoluogo campano – partecipano i carabinieri del Nucleo investigativo di Castello di Cisterna e gli agenti della Squadra mobile di Napoli. Il decreto di fermo è stato emesso dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli al termine di indagini congiunte di Polizia e Carabinieri sul gruppo criminale del quale facevano parte i 17 fermati, riconducibile – secondo gli investigatori – al clan ‘Moccia’
Tra le 17 persone fermate oggi da Polizia e Carabinieri nell’ambito di un’operazione congiunta anticamorra della Procura Antimafia di Napoli, figurano anche i fratelli Mariano, Aniello e Carlo Barbato e la loro madre, Patrizia Bizzarro. Secondo quanto accertato, era Mariano Barbato, 25 anni, (verosimilmente su delega dei boss del clan Moccia) il capo di questo nuovo gruppo camorristico attivo tra Afragola, a Casoria, Caivano, Crispano e Cardito, nel Napoletano. Insieme ai fratelli Aniello e Carlo e alla madre Patrizia Bizzarro, donna di camorra che comandava e disponeva le attività del clan (tra cui estorsioni e spaccio), imponeva ai commercianti della zona un istituto di vigilanza chiedendo la disdetta di quello sotto contratto. Se le loro richieste non venivano esaudite, scattavano le ritorsioni, anche attraverso atti intimidatori con l’uso di bombe carta fatte esplodere davanti ai negozi. Documentata anche una recente scissione interna al gruppo camorristico con l’omicidio di Mattia Iavarone, avvenuto il 25 aprile scorso, a Caivano. Indagini sono in corso per verificare eventuali collegamenti con le vicende legate ai morti carbonizzati trovati nella zona in cui era attivo il clan tra i mesi di febbraio e marzo scorsi. Tra gli attentati riconducibili al gruppo camorristico dei Barbato figurano quelli all’impresa funebre Salomone, alla macelleria Di Palo e a una società di costruzioni. A svolgere il ruolo di “procacciatore di affari” dei Barbato sarebbe stato Giuseppe Gallo che si metteva in contatto con i commercianti per imporre le ditte (di vigilanza privata e di onoranze funebri) ritenute vicine alla camorra locale. Se, poi, i commercianti si opponevano, entrava in azione Ciro Gallo, fratello di Giuseppe e uomo di fiducia di Mariano Barbato, che metteva in moto la “macchina delle ritorsioni”, anche in prima persona. Ciro Gallo, infine, gestisce una società di pompe funebri “La Pace Eterna”.