Quando è giunta la comunicazione del dissequestro, contrariamente a quanto è possibile pensare, le reazioni sono state di rabbia e sdegno nei confronti di un provvedimento che ha del paradossale.
È di ieri infatti la notizia del provvedimento di dissequestro, giunto su disposizione del Tribunale di Napoli V Sezione nella persona del P.M dottoressa Lucia Esposito, e notificato agli agricoltori di Caivano che lo scorso 12 novembre si sono visti apporre i sigilli ai fondi e ai pozzi utilizzati per la loro attività per la presenza di sostanze inquinanti che a seguito dei riscontri, relativamente ai prodotti agricoli analizzati, si sono rivelate tutte nei limiti e non pericolose per la salute pubblica.
A mandare su tutte le furie gli agricoltori è stata, non solo la tardiva comunicazione dell’esito delle analisi che è giunta dopo 60 giorni, a fronte, come rivelato anche dall’agronomo Pasquale Crispino, consigliere dell’ordine dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali della Provincia di Napoli, di un tempo di risposta che normalmente è di circa una settimana, ma la notizia che il dissequestro riguarda solo i prodotti e non i fondi e i pozzi.
Un provvedimento assurdo che autorizza gli agricoltori alla raccolta di prodotti ormai fuori mercato, in quanto avrebbero dovuto essere raccolti e commercializzati oltre un mese fa, e che di fatto vieta la semina di nuovi prodotti per le prossime stagioni per l’impossibilità di utilizzo dell’acqua per irrigare.
A completare il quadro del malcontento tra gli agricoltori è arrivata infine la nota, richiamata nella disposizione del Tribunale, da parte dell’Asl Napoli 2 nord che obbliga gli agricoltori stessi ad effettuare presso laboratori accreditati indagini di laboratorio per la ricerca di PCB e diossina simili sui prodotti destinati alla raccolta e di consegnare tali analisi alla stessa Asl per assicurare la tracciabilità del prodotto.
Insomma, dopo il danno, la consueta beffa. Di fronte a un raccolto, di qualità, ormai perso a causa dei ritardi l’imposizione di provvedere a proprie spese a un’indagine che, secondo alcune testimonianze di agricoltori che avrebbero contatto i responsabili del laboratorio presso cui andrebbero effettuate le analisi, e che si trova fuori Campania, sarebbe addirittura inutile poiché nei confronti di diossine e i PCB basta lavare accuratamente i prodotti per poter le sufficienti precauzioni.
Decisi gli agricoltori a questo punto, ad andare avanti in azioni legali contro i responsabili, individuati in primis in Arpac e Asl, di una situazione che oltre a creare un notevole danno economico e di immagine, gli ha di fatto chiuso prospettive di ripresa che in un periodo di crisi come quello attuale si traduce in manodopera da mandare a casa e terreni preda di possibili speculazioni derivanti dalle ipotesi di deprezzamento.
Vincenzo Viglione