Sei condanne, per 66 anni di carcere, nei confronti di appartenenti alla cosiddetta ‘Camorra Capitale’, sono stati inflitte oggi dal gup di Roma al termine di un processo svolto con rito abbreviato. Si tratta di appartenenti al clan guidato da Domenico Pagnozzi arrestato, assieme ad altre 60 persone, nel febbraio del 2015 nel corso dell’operazione ‘Tulipano’. Gli imputati sono accusati a vario titolo di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti ed estorsione. Il gup Costaninto De Robbio ha condannato Ferdinando Silenti, ritenuto uno degli esponenti del clan, a 20 anni di carcere, a sedici anni Mario Adamo, a dodici anni Emiliano Massimo Mazzitelli, a otto anni Mirko Meridiani, a quattro anni Pasquale Adamo e a sei anni di reclusione Angelo Molinari. Assolto per non aver commesso il fatto Emanuele Russo. A Silenti e a Mario Adami è stato riconosciuto il ruolo di organizzatori dell’associazione di stampo mafioso per aver fornito “un sistematico e strategico apporto” nello sviluppo dei progetti illeciti, che potevano andare dal controllo delle attività del narcotraffico al recupero, con modalità estorsive, dei crediti derivanti dalla cessione della droga, per finire alla politica espansionistica nel settore commerciale della distribuzione di giochi di intrattenimento. Secondo quanto accertato dalle indagini, coordinate dall’ aggiunto Michele Prestipino e dai pm della Dda, Sabelli, Minisci e Cascini, il gruppo criminale gestiva lo spaccio di stupefacenti in diverse piazze della periferia della Capitale: da Centocelle e Borghesiana, dal Pigneto a Torpignattara e che mirava ad espandersi. Ma la loro attività non si fermava qui. Ci sarebbero diversi episodi di estorsioni, usura e gravi intimidazioni per imporre il volere del clan e per recuperare crediti usurai anche per conto di terze persone.