Il boss dei Casalesi Antonio Iovine, diventato poi collaboratore di giustizia, poteva non essere al corrente delle minacce rivolte in aula dal suo legale allo scrittore Roberto Saviano e alla giornalista Rosaria Capacchione in quanto ”può ragionevolmente dedursi che Iovine si sia affidato all’opera dell’avv. Michele Santonastaso senza intromettersi nelle sue scelte di carattere processuale”.
E, analogamente, anche l’altro boss Francesco Bidognetti ”mostrava fiducia nell’opera dell’avv. Santonastaso, suo difensore in processi vari da molti anni, e non vi sono ragioni per affermare che abbia collaborato alla stesura dell’atto o abbia fornito altro tipo di compartecipazione”. Così i giudici della terza sezione del Tribunale di Napoli, presieduta da Aldo Esposito, scrivono nelle motivazioni della sentenza, emessa il 10 novembre scorso, che assolse i due esponenti del clan dei Casalesi dall’accusa di minacce. Il Tribunale condannò a un anno di reclusione il solo avvocato Santonastaso, già coinvolto in altri processi con l’accusa di legami con la cosca. Le motivazioni sono state depositate oggi. I fatti risalgono al 2008 quando, nel corso del processo di appello ”Spartacus” a carico di boss e gregari della organizzazione camorristica l’avvocato Santonastaso lesse in aula un’istanza di remissione del processo, dal contenuto ritenuto intimidatorio nei confronti sia di magistrati inquirenti (Raffaele Cantone e Federico Cafiero de Raho), sia di Saviano e della Capacchione, giornalista del quotidiano ”Il Mattino” e ora senatrice del Pd. I giudici scrivono, tra l’altro, che ”mancano sia un contributo causale sia un sostegno psicologico di Bidognetti nella forma dell’istigazione o dell’ideazione» del reato”. ”L’atto di rimessione sottolinea inoltre il Tribunale risultava molto articolato e molto complesso sotto il profilo giuridico. Esso certamente, rientrava nella competenza tecnica del professionista e non del suo assistito” Santonastaso invece ”era ben consapevole della capacità intimidatoria delle espressioni” usate nell’istanza ”e del concreto rischio dell’interpretazione da parte dei propri clienti e degli altri camorristi nel senso di attribuzione ai giornalisti e ai magistrati della responsabilità per la loro sottoposizione a giudizio e di una conseguente autorizzazione a riconoscere i magistrati e giornalisti quali nemici da colpire, anche tramite attentati alla vita e/o all’incolumità individuale”.