Con oggi siamo arrivati a tre giorni da quando è scoppiata la protesta per il caso Whirlpool che ha comunicato di voler cedere lo stabilimento di Napoli con il rischio di lasciare sul lastrico 420 lavoratori, che potrebbero salire a più di mille se si considerano le imprese dell’indotto. La notizia è piombata sul ministero dello Sviluppo con la stessa irruenza di un macigno. Appena sette mesi fa, l’accordo quadro siglato dal Mise con la multinazionale e i sindacati che prevedeva il salvataggio di 792 lavoratori a rischio licenziamento a carico dello Stato e un piano industriale triennale da 250 milioni a carico dell’azienda, era stato salutato da Luigi Di Maio come un trionfo personale: “Siamo riusciti a ottenere zero esuberi e un ritorno delle produzioni dalla Polonia all’Italia”, aveva annunciato su Facebook il 25 ottobre. Ma l’improvvisa retromarcia del colosso degli elettrodomestici ha lasciato di sale il ministro, che è andato su tutte le furie.
“È una truffa, un’assurdità. Whirlpool ha tradito la fiducia del governo”. Questo sarebbe stato lo sfogo consegnato ai suoi più stretti collaboratori.

 

 

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