NAPOLI – Dopo la grande spinta emotiva che in questi giorni ha accomunato nell’amarezza gran parte della politica, delle associazioni, dei comitati, della cittadinanza, ma soprattutto del mondo scientifico per il grave incendio che una settimana fa ha distrutto quasi completamente la Città della Scienza, vale la pena spendere qualche minuto per riflettere sul futuro di quell’area che in meno di ventiquattro ore, da fiore all’occhiello della divulgazione scientifica di marca partenopea, si è trasformata in un vero e proprio rompicapo su come intervenire per restituirle velocemente lo splendore soffocato dalle fiamme.
Azioni rapide quindi che dopo l’immediata apertura della raccolta fondi dedicata parlano di un finanziamento da parte della Regione Campania di 15 milioni di euro derivanti dal Pac (Piano di Azione e Coesione), di un contributo compreso tra i 3 e i 5 milioni messo a disposizione dal Provveditorato alle Opere Pubbliche e di circa 7 milioni di euro erogati dal Ministero dell’Istruzione e della Ricerca Scientifica.
Una pioggia di denaro pubblico che se da un lato fa ben sperare, dall’altro ripropone il solito dilemma sugli interessi che un piatto simile può attrarre.
Il primo problema in questo senso, guardando gli enormi cumuli di macerie prodotti dall’incendio, sono le macerie. Centinaia di tonnellate di rifiuti combusti che per loro natura vanno smaltiti in apposite discariche per rifiuti speciali, di cui a oggi la Campania è sprovvista, con dei costi che sono all’incirca il doppio di quelli già di per se molto onerosi necessari allo smaltimento dei rifiuti urbani campani, e che potrebbero lievitare in maniera significativa in termini di trasporto fuori regione o addirittura all’estero.
Costi che nella storia degli ultimi vent’anni di una Campania perennemente alle prese con l’emergenza rifiuti hanno troppo spesso fatto il paio con le migliaia di casi di smaltimento illecito di rifiuti tossici che attraverso la tecnica del giro di bolla venivano declassati, solo su carta, da pericolosi e non pericolosi per poterli poi occultare all’interno di discariche per rifiuti urbani. Degli stessi rifiuti tossici industriali che in piena emergenza venivano mescolati e trasportati insieme ai rifiuti urbani rimossi in fretta e furia dalle strade per raggiungere le stesse discariche. Traffici e smaltimenti illeciti che in pochi anni hanno messo letteralmente in ginocchio l’economia di Napoli e dell’intera Campania.
Uno spettro che prima e insieme al disastro di Città della Scienza aspetta di esser spazzato via ora più che mai da serie politiche di contrasto alla criminalità che in questo momento richiedono massima attenzione affinché si possa cogliere nella rinascita di Città della Scienza l’occasione di rilancio per il quartiere Bagnoli, di Napoli e della Campania tutta.
Vincenzo Viglione