E’ ripreso oggi al Palazzo di Giustizia di Napoli il processo a imprenditori e manager della coop emiliana Cpl Concordia, indagati a vario titolo per concorso esterno in associazione camorristica in relazione ai lavori metanizzazione dell’agro-aversano. Il 22 gennaio scorso il processo fu rinviato tra le polemiche al Tribunale competente di Napoli Nord, che ha sede ad Aversa (Caserta), perché l’aula di udienza era troppo piccola per ospitare imputati e avvocati e soprattutto mancava il collegamento per la video-conferenza. Il collegio presieduto da Luigi Picardi, ha chiesto e ottenuto la disponibilità di un’aula del tribunale partenopeo, presso il quale il processo continuerà, almeno fino alla prossima udienza del 18 marzo. Per quella data i giudici dovrebbero decidere se accogliere l’eccezione di incompetenza territoriale presentata oggi dagli avvocati degli imputati che ritengono che il giudice naturale sia quello di Santa Maria Capua Vetere. “Molte delle condotte contestate – spiega Giuseppe Stellato, avvocato di uno degli imputati – vanno dal 1997 ad oggi, mentre il tribunale di Napoli Nord è stato istituito nel 2013”. Il collegio oggi ha inoltre rigettato la richiesta di costituzione di parte civile da parte del Fai, la Federazione delle Associazioni anti-racket di cui è presidente onorario Tano Grasso. Nel processo, scaturito dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Antonio Iovine, ex capoclan dei Casalesi, sono imputati Roberto Casari, ex presidente della Cpl Concordia, già ai domiciliari per la vicenda degli appalti di Ischia (processo ordinario in corso davanti al Tribunale di Modena a marzo dove è imputato anche l’ex sindaco di Ischia Ferrandino), gli imprenditori casertani Antonio Piccolo e Claudio Schiavone, e i manager Cpl Giuseppe Cinquanta e Giulio Lancia. Secondo la Dda di Napoli i manager della Cpl Concordia, cui erano stati affidati i lavori di metanizzazione di numerosi comuni del casertano, si sarebbero accordati con il clan dei Casalesi, in particolare con i reggenti delle cosche Schiavone e Zagaria, che gestivano l’affare della metanizzazione attraverso imprenditori vicini.