In data odierna, su delega della Procura Distrettuale Antimafia di Napoli, la Polizia di Stato ha dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misura cautelare personale, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Napoli, nei confronti di 23 soggetti, ritenuti responsabili di associazione di stampo mafioso, estorsioni aggravate, ricettazione ed usura. Le indagini coordinate dalla D.D.A. di Napoli e svolte dalla Squadra Mobile nell’arco temporale che va dal 2016 al 2017, sono consistite in intercettazioni, telefoniche ed ambientali, che hanno riscontrato le dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia, provenienti da diverse organizzazioni criminali operanti sul territorio. Gli elementi acquisiti, si legge nel provvedimento cautelare, hanno consentito di ricostruire l’esistenza e l’operatività di un’organizzazione criminale attiva nel quartiere di Sant’Erasmo, facente capo a Carmine Montescuro, soprannominato o’ munuzz’ , personaggio di notevole carisma criminale che oltre a svolgere, da almeno vent’anni, il ruolo di mediatore nelle controversie insorte tra le diverse organizzazioni di camorra, dirige anche un proprio gruppo autonomo che agisce seguendo gli schemi comuni delle organizzazioni mafiose, imponendosi sul territorio e controllandone tutte le attività illecite, ha la disponibilità di una cassa comune e di armi, ha rapporti con le altre organizzazioni criminali, provvede alla difesa tecnica degli affiliati ed al mantenimento dei detenuti e delle loro famiglie, oltre che al pagamento di uno stipendio agli associati e ha la capacità di infiltrarsi nel tessuto produttivo con una notevole attività di riciclaggio. Nell’ordinanza cautelare sono ricostruite numerose condotte riconducibili al clan Montescuro e destinate ad assicurare all’organizzazione proventi illeciti, in particolare estorsioni a commercianti e imprenditori che operano nell’area del Porto. Dagli elementi riportati nel provvedimento cautelare risulta che sono state commesse estorsioni anche nei confronti degli imprenditori impegnati nei lavori di rifacimento e manutenzione della sede stradale che parte da via Marina e interessa anche l’area portuale fino alla zona orientale. I proventi delle estorsioni ai cantieri commesse dal clan Montescuro Carmine sono stati suddivisi tra le varie organizzazioni criminali, destinatarie di una quota determinata in base all’influenza sul territorio. In tal modo Carmine Montescuro è riuscito a mantenere gli equilibri tra le varie associazioni, evitando il sorgere di conflitti, e garantendo, al contempo, il regolare svolgimento delle attività estorsive e la partecipazione di tutti ai profitti illeciti, tanto che alcuni collaboratori di giustizia, in virtù della posizione neutrale assunta, hanno indicato S. Erasmo -luogo di operatività del clan Montescuro – come una “piccola Svizzera”. Le modalità e la capillarità con le quali era svolta l’attività estorsiva rappresentano un chiaro sintomo del totale assoggettamento omertoso del tessuto sociale ed economico alla volontà dell’organizzazione, tanto che diversi sono gli imprenditori, vittime di azioni e manifestazioni di violenza, che, sottoposti in una condizione di totale assoggettamento psichico e fisico, hanno negato di aver subito richieste estorsive. L’ordinanza cautelare è stata emessa, infatti, oltre che per il reato associativo, anche per 12 episodi estorsivi consumati e 3 tentativi di estorsione, tutti commessi nei confronti delle società appaltatrici dei lavori di rifacimento dell’arteria stradale, oltre che di una cooperativa di ex detenuti e di un notaio. La partecipazione alle attività estorsiva in maniera diretta o indiretta dei capi di numerose delle organizzazioni operanti sul territorio, anche in contrasto tra loro, ha fatto sì che tra i destinatari del provvedimento cautelare vi siano i maggiori esponenti della criminalità organizzata napoletana. Tra questi Salvatore D’Amico, esponente di vertice dell’omonimo clan operante nel territorio di San Giovanni a Teduccio – rione Villa, Ciro Rinaldi e Gennaro Aprea, al vertice degli omonimi gruppi camorristici radicati nella zona orientale della città di Napoli, Mario Reale, intraneo all’organizzazione denominata clan Reale di San Giovanni a Teduccio, Cozzolino del clan Mazzarella, Stanislao e Antonio Marigliano, esponenti del clan Formicola, radicato nella zona di San Giovanni a Teduccio e segnatamente nel cosiddetto ”Bronx”, Gennaro Caldarelli e Giuseppe Vatiero, intranei dell’organizzazione camorristica Caldarelli – Vatiero radicata nel quartiere delle “Case Nuove”. Nell’ambito della stessa originaria indagine, la polizia giudiziaria, nel maggio 2019, ha eseguito, su disposizione della sezione che si occupa dei reati contro la pubblica amministrazione della Procura della Repubblica di Napoli, 6 ordinanze di custodia cautelare, 1 interdizione dai pubblici uffici per 12 mesi nonché numerose perquisizioni e sequestri a carico di imprenditori e funzionari pubblici dell’Autorità Portuale di Napoli indagati per fatti di corruzione e turbata libertà degli incanti, e ciò nell’ambito della medesima ed ampia inchiesta unitaria riguardante, a trecentosessanta gradi, affari e vicende illecite concentrate nel poli nevralgico del Porto di Napoli e nella antistante centralissima arteria di Via Marina.

Questi i nomi degli arrestati: Carmine Montescuro, 85enne; Antonio Montescuro, 53enne; Nino Argano, 55enne; Carmine Montescuro, 59enne; Salvatore Di Francesco, 54enne; Vincenzo Milone, 49enne; Raffaele Altamura, 61enne; Gennaro Aprea, 4enne; Francesco Luca Caldarelli, 44enne; Gennaro Caldarelli, 51enne; Giuseppe Cozzolino, 64enne; Salvatore D’Amico, 46enne; Sergio Grassia, 47enne; Antonio Marigliano, 37enne; Stanislao Marigliano, 62enne; Raffaele Oliviero, 42enne; Mario Reale, 50enne; Salvatore Riccardi, 39enne; Ciro Rinaldi, 56enne; Gennaro Rinaldi, 60enne; Gennaro Tarascio, 59enne; Giuseppe Vatiero, 58enne. Uno dei destinatari, allo stato irreperibile, è attivamente ricercato.

 

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