Si apre domani, davanti alla Corte d’appello di Roma, la prima udienza del processo di revisione sul massacro di Ponticelli, una storia di cronaca nera datata 30 anni fa e che ora torna al vaglio dei giudici. Scenario del massacro del 3 luglio 1983, la periferia orientale di Napoli: a trovare un’orrenda morte furono due bambine di 10 e 7 anni, Nunzia Munizzi e Barbara Sellini, violentate, pugnalate a morte e poi carbonizzate.

Accanto ai loro corpi, rinvenuti nel primo pomeriggio, furono trovati anche una lattina semivuota di benzina e un fazzoletto macchiato di sangue. Entrambe le bambine abitavano a tre chilometri dal luogo dove furono trovate morte, nel popolare rione Incis di Ponticelli. Il 4 settembre 1983 furono arrestati dai carabinieri quattro giovani. Sono i fratelli Giuseppe e Salvatore La Rocca, di 18 e 21 anni, Luigi Schiavo, di 21, e Ciro Imperante, di 18. Il primo, il terzo e il quarto sono accusati del duplice omicidio, mentre il secondo, Salvatore La Rocca, solo di occultamento di cadavere in concorso con gli altri. Tutti si dichiarano innocenti.

Ma per la procura di Napoli il caso e’ chiuso. Si attende il processo, ma per due anni e mezzo non accade nulla. Poi il 17 marzo 1986 comincia a Napoli il processo, davanti ai giudici della prima sezione della Corte d’assise. Un mese dopo, l’11 aprile 1986, arriva la condanna all’ergastolo per Ciro Imperante, Luigi Schiavo e Giuseppe La Rocca accusati dell’omicidio delle piccole Nunzia Munizzi e Barbara Sellini. A cinque anni di reclusione per il solo reato di occultamento di cadavere viene condannato Salvatore La Rocca, fratello di Giuseppe. La pena dell’ergastolo viene poi confermata dai giudici della prima sezione della Corte d’appello di Napoli.

Un anno dopo, le sezioni unite penali della Cassazione, respingono i ricorsi del collegio di difesa dei tre imputati e confermano la sentenza della Corte d’appello 22 febbraio 2001: per la Cassazione non ci sara’ alcuna revisione del processo per il duplice omicidio di Ponticelli. I supremi giudici respingono la richiesta di revisione avanzata dagli imputati e gia’ negata, nell’aprile del 2000, dalla Corte di appello di Roma. Ma il collegio difensivo, composto dagli avvocati Eraldo Stefani, Ferdinando Imposimato e Francesco Stefani, non si arrende e continua a cercare prove che ribaltino la sentenza.

Fino al marzo scorso, quando la Corte d’appello di Roma accoglie la richiesta di revisione del processo. In un minuzioso e complesso iter investigativo, una autentica controinchiesta, i difensori sono riusciti a raccogliere nuove e inedite prove testimoniali che, sommate a sofisticati accertamenti scientifici, portano a scagionare La Rocca, Imperatore e Schiavo.

Il nuovo materiale ha portato a spostare l’orario del raccapricciante duplice omicidio: non piu’ le 20,30 di quella tragica sera, ma intorno alle 24. Questa circostanza, spiegano i difensori, fa si’ che almeno una decina di testimonianze portino a dimostrare, in modo incontrovertibile, che i tre accusati si trovavano ben lontani dal luogo del delitto. All’istanza che ha riaperto il caso e’ stato allegato il libro “L’Uomo nero ha gli occhi azzurri – La storia di Nunzia e Barbara”, della giornalista napoletana Giuliana Covella.

 

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