Sarà trasmesso alle competenti autorità ecclesiastiche del Vaticano il dossier che denuncia l’esistenza di una presunta rete di preti gay. La decisione è stata presa dal cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, che ha preso atto del faldone di oltre 1.200 pagine consegnato alla Cancelleria della curia partenopea dall’escort Francesco Mangiacapra. «Al di là della competenza – spiega Sepe in un comunicato diffuso dalla Curia di Napoli – e al di là del fatto che, nel documento sbobinato e stampato, lasciato e sottoscritto dall’autore, non figurano nomi riconducibili alla Diocesi di Napoli, resta la gravità dei casi denunciati per i quali, qualora accertati, coloro che hanno sbagliato devono pagare e devono essere aiutati a pentirsi per il male fatto».
L’autore del dossier, Francesco Mangiacapra, ha consegnato ieri mattina al cancelliere della Curia Arcivescovile il dossier sui casi di presunta omosessualità, ritirando il cd già portato il 21 febbraio scorso. «Per fornire – si precisa – un file con lo stesso materiale, ma disposto in maniera più ordinata». Lo stesso Mangiacapra – riferisce la Curia di Napoli citando stralci del verbale da lui stesso sottoscritto – ha precisato: «L’unico elenco di nomi che io fornisco è quello di stamattina, corredato da ciò che ritengo essere delle prove». E ha aggiunto che «su internet e WhatsApp circola un file denominato preti Salerno 1, in cui sono elencati una serie di nomi di preti che si imputano come gay. Non sono stato io – osserva – a redigere questo elenco che circola, sebbene risulti firmato a mio nome». In proposito Mangiacapra ha sottolineato – si ricava sempre dallo stesso verbale – come «l’elenco numerico dei nomi diffuso da alcuni organi di stampa sia impreciso, perché ai nomi che effettivamente segnalo in questa sede con relativi allegati vengono ingiustamente aggiunti nomi di altri preti a loro volta menzionati nelle conversazioni allegate. Questo mio file contiene 34 sacerdoti e 6 seminaristi. Preciso che non riscontro nel materiale consegnato casi di pedofilia né alcun profilo di condotta penalmente rilevante: si tratta di peccati, non di reati». Infine l’autore del dossier ha spiegato i motivi per cui si è rivolto alla Diocesi di Napoli: «Innanzi tutto perché risiedo a Napoli, e questa è la Curia per me più facilmente raggiungibile, in secondo luogo per la presenza di Padre Ortaglio, che ho avuto modo di conoscere ed apprezzare».