A un anno e mezzo dal delitto, quel 18 aprile del 2011, domani si saprà se ad uccidere Melania Rea é stato il marito, il caporalmaggiore dell’Esercito addestratore di reclute donne, Salvatore Parolisi. La sentenza del processo di primo grado con il rito abbreviato è attesa nella tarda serata. Parolisi rischia il carcere a vita, ‘ripulito’ per il rito scelto dall’aggravante dell’isolamento diurno: è la partenza in caso di condanna, ma in cuor suo lui crede di farcela, che quegli indizi raccolti dall’accusa non possono fare prova della sua colpevolezza.
Parolisi rischia anche di perdere la sua bambina, la piccola avuta da Melania: anche i giudici del tribunale dei minori di Napoli attendono la decisione della collega gip, Marina Tommolini per ‘bollare’ la separazione dalla patria potestà. Un anno e mezzo di indagini in una camera di consiglio di un pomeriggio: da un lato le teorie dell’assassinio d’impeto, nel boschetto di Ripe, le bugie della scampagnata sul pianoro di Colle San Marco e sul rapporto con Ludovica – la sua ormai ex amante -, nessun altra pista plausibile contro altri indiziati; dall’altro la decisione nel ritenere nullo il castello di indizi, l’assenza di riscontri oggettivi che possano vestirli addosso a Parolisi, l’incertezza delle perizie. Parolisi arriva ‘preparato’ dai suoi legali a una possibile condanna, sa che la strada per uscire da quello che ha definito un tunnel è ancora lunga. Ma domani è in ballo per la prima volta concretamente il suo futuro da uomo libero. Domattina la difesa continuerà la sua arringa, con le conclusioni dell’avvocato Nicodemo Gentile e poi quella di Valte Biscotti. In caso di repliche concesse, il gip Tommolini dovrebbe ritirarsi nel primo pomeriggio. Pesante la richiesta della procura di Teramo: ergastolo e senza attenuanti e, anzi, con aggravanti, nei confronti del caporalmaggiore accusato di aver ucciso con 35 coltellate la moglie Melania Rea il 18 aprile 2011 nel bosco di Ripe di Civitella, nel teramano, in Abruzzo. Carcere a vita, quindi, nonostante il rito abbreviato, perché oltre all’omicidio, al caporalmaggiore capo, Parolisi, vengono imputati anche la minorata difesa, la crudeltà, e il vilipendio aggravato sul corpo per depistare le accuse da sé. Il reato di vilipendio comporta una pena minima di sei anni e così grazie all’istituto del rito abbreviato, la Procura, guidata dai pm Davide Rosati e Greta Aloisi, ha potuto abbonare un terzo della pena a Salvatore perché era stato previsto anche l’isolamento diurno. Secondo l’accusa, nella parte della requisitoria condotta dalla Aloisi, Salvatore Parolisi avrebbe ucciso la moglie nel bosco di Ripe di Civitella e non si sarebbe mai recato sul pianoro di San Marco, nelle Marche, sotto Ascoli Piceno, da dove partì la vicenda con la denuncia, considerata un depistaggio di Parolisi, che sostenne che subito dopo l’ora di pranzo di quel 18 aprile la moglie sparì dopo essersi allontanata da lui e dalla figlia Vittoria per andare alla toilette. E’ colpevole, Parolisi, secondo l’accusa, perché nessun testimone dei 50 rintracciati lo ha mai visto con la famiglia in quelle ore indicate da Parolisi sul pianoro di San Marco.Perché Parolisi era a Ripe di Civitella dove con 35 coltellate ha ucciso la madre di sua figlia Vittoria.